sabato 27 febbraio 2021
Il Frecciarossa rallenta dalla sua corsa a 300 all'ora entrando, all'imbrunire, nel labirinto di binari di Roma Termini. Clangore secco e veloce di scambi: il treno ben conosce la sua strada, nel dedalo di acciai lucenti. Io guardo alle finestre di Roma, oltre la ferrovia, già illuminate. Migliaia di finestre trattengono dietro la loro luce la vita di una moltitudine di uomini. Chi è appena rientrato dal lavoro, affannato, chi è in quarantena e non si è mosso di casa. Chi, disoccupato, è uscito a passi lenti, senza una precisa ragione. Gente con i soldi e badanti in nero, ambulanti in giro dall'alba e medici che non riescono a togliersi dagli occhi le facce nei reparti Covid, in ospedale. Quanta vita compressa, dietro quei rettangoli in fila. E forse, parallelamente, da laggiù qualcuno osserva il treno in arrivo, e i nostri profili ai finestrini?
Annotta, e nel buio le finestre di Roma splendono di più, come candele allineate davanti alle Madonne, nelle chiese. Il treno pigramente, campione ormai certo della vittoria, entra in Termini, adagio. Scendiamo veloci, e un po' di Milano si mescola, a passo svelto, a Roma - come prima del Covid, vita che si mescola a vita.
Mi volto a salutare il muso rosso da biscia del Frecciarossa, bagnato di umidità come un purosangue madido di sudore. Gli farei perfino una carezza - se non sapessi che, attorno, mi guarderebbero strano.
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