venerdì 2 agosto 2019
Nel mondo delle imprese sostenibili che provo a raccontare in questa rubrica le diversità sono marcate, perché tutte cercano la loro unicità in relazione alle persone con cui lavorano, al settore dentro cui operano e ai territori che rappresentano. Oggi in Schmid ascolto un altro racconto, con un'altra filigrana, ma forse con lo stesso ideale di altri progetti raccontati fin qui, così diversi e così simili. Schmid è un'azienda leader nella produzione di tessuti per l'alta moda, nata nel 1942 e oggi guidata da Paolo Ciccarelli, la cui storia merita di essere ascoltata. «Ho lavorato per 30 anni nel mondo dell'alta finanza, sia in Italia che all'estero, divenendo Cfo di Borsa Italiana e Advisor di diverse società. Nel 2014, a seguito di un progetto legato a Schmid, ne sono divenuto prima amministratore e poi titolare con alcuni soci. Ma è stata proprio l'esperienza nel mondo della finanza a farmi comprendere che la "mia" impresa doveva divenire un'altra "impresa" e che il raggiungimento della giusta utilità economica doveva essere il mezzo per creare un'utilità maggiore e più ampia. Oggi grazie anche ad alcune scelte coerenti con questa visione, Schmid è partner di alcune tra le più importanti case dell'alta moda internazionale e "capofila" di un progetto che vede collaborare assieme numerose piccole e medie eccellenze italiane, con l'obiettivo di innovare in modo continuativo e produrre quella qualità e bellezza che il mercato internazionale ci chiede». È interessante nella storia di Paolo capire come questa svolta sia avvenuta grazie ad una nuova consapevolezza e a rinnovati valori imprenditoriali ma poggi su solide competenze gestionali e organizzative, come a dire che il business e la sostenibilità vanno a braccetto e possono e devono integrarsi per produrre valore. «Oggi mi sembra tutto così chiaro: è bello oltre che utile lavorare in modo collaborativo con i partner industriali; è arricchente vivere la relazione con il cliente come obiettivo comune; è entusiasmante creare un ambiente di lavoro dove le persone stiano bene e lavorino bene; è giusto che l'azienda diventi un elemento vivo della società civile, contribuendo a far crescere benessere ed equità. E le scelte di Schmid vanno in questa direzione, facendo un esempio concreto mi piace ricordare la nostra collaborazione con "Progetto Quid", un'impresa sociale orientata verso un concetto di moda sostenibile che ha come obiettivo quello di dare lavoro a persone vulnerabili, soprattutto donne, oppure la nostra partnership con la "Cooperativa Alice" che opera in alcune Case Circondariali per attuare percorsi di inserimento lavorativo dei detenuti attraverso l'attività di sartoria e a cui noi doniamo tessuti e materiali. Abbiamo attivato poi con l'Accademia di Brera un progetto dedicato a giovani stilisti italiani, la cui opera contribuiamo a promuovere in tutto il mondo. Mi rendo conto però che oggi tante persone fanno della sola sostenibilità ambientale un vessillo, mentre per me la "vera" sostenibilità è un equilibrio tra quest'ultima e quella economica e sociale».
È vero, avvicinandosi seriamente a questi temi si coglie quanto l'attenzione, finalmente crescente, al clima e all'ambiente stia avvicinando sempre più persone al tema della sostenibilità, rendendo però nel contempo più delicato, ma certamente più sfidante, il cammino verso quel "bene comune" che deve essere approcciato in toto e che in azienda ha chiaramente dei risvolti sull'ambiente ma un impatto forse ancora maggiore sulle persone e sul "sistema" impresa nel suo complesso. Il tutto per realizzare un risultato economico sostenibile. «Me ne rendo conto quando parlo di Schmid con alcuni miei ex colleghi – riprende Paolo – e intuisco quanto fatichino a concepire una strategia che guardi oltre la sola logica del profitto. Però la strada, tanto più nelle filiere produttive, è stata imboccata ed è decisamente bella, anche se la cultura italiana un po' autoreferenziale e individualista a volte non ci aiuta». Forse qualcuno può stupirsi che queste parole vengano pronunciate da un ex dirigente della Borsa ma il mondo dell'impresa, quello buono, è così: affascina, coinvolge ed è difficile tornare indietro.
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