martedì 2 agosto 2016
Di recente, mi sono ritrovato fra le mani la Trilogia della villeggiatura di Carlo Goldoni, una povera parabola tutta affidata a personaggi quasi da commedia dell'arte: la meschinità e i debiti dei preparativi, lo svolgimento con ospiti parassiti e tanto di dichiarazioni d'amore ed il rientro poi coi debiti incrementati ed il timore vincente dell'essere giudicati dai luoghi comuni. La mia esperienza fu molto più nazional-popolare: un mese, da bambino, alla colonia Gustavino, in quel di Varazze, dove ho perso in peso ma acquistato in fede. Un paio d'anni dopo, io e mio padre si parte per Pesaro. Gli altri due della famiglia restano a casa. Il proverbio dice «O cantare o portare la croce». Non è un padre padrone il mio ma solo un malato bisognoso di sabbiature. La pensione è un collegio che, con gli studenti in vacanza, si ricicla. Dormiamo in stanzoni, con tanti letti come nelle camerate militari. A parte mio padre, gli altri sono tutti sconosciuti. Io muovo i primi passi nel mondo del lusso. Mangiavo tutta la frutta di cui non disponevo a casa e la cuoca Caterina era materna con me. Ora che la nazione si spacca in due, ho diversi amici, bravi artisti, che non vanno in vacanza. Milano, d'estate, raggruppa i suoi cittadini benemeriti, cui assegnerei una medaglia: per chi mantiene viva la città.
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