martedì 13 giugno 2017
“Comportiamoci come un buon padre di famiglia, ampliamo il patrimonio ricevuto; quest'eredità passi accresciuta da me ai posteri”
Sen., Ep.64,7

Ricorrendo quest'anno il bimillenario della morte di Ovidio, mi sono recato nei giorni scorsi a Sulmona, per prendere parte con i miei studenti alla celebrazione organizzata in memoria del sommo poeta. Mentre passeggiavamo per i rioni e i vicoli di quel paese, mi sembrava che ci imbattessimo a ogni sguardo in qualche traccia impressa da Ovidio in persona: davvero il suo nome risaltava in ogni angolo, come l'insegna di una celeberrima vittoria; le antichissime statue esibivano ai passanti la sua immagine; né in quel luogo v'era cosa che non sembrasse ornata dalla sua memoria illustre, sicché quasi ogni due passi ero costretto a fermarmi, per potergli tributare degno onore, ripensando un po' tra me e me alle sue opere e azioni. Infine, quando siam giunti alla celebrazione, oh dèi buoni!, quanti spettatori vi abbiamo trovato! i quali, non immemori certamente del proprio concittadino, al solo udirne il nome si sono precipitati senza indugio a onorarlo. Dopo aver assistito a tutto questo, non ho potuto far a meno di pensare che mi fosse stata trasmessa di diritto quasi la gestione di un patrimonio. Solo a me? A noi tutti, piuttosto, che siamo nati in questa terra fecondissima di poesia e di filosofia! E proprio noi, che degli antichi abbiamo ereditato moltissime opere, e che siam soliti vantare dinanzi agli altri popoli la loro fama e virtù non come frutto nostro, ma come bene ereditario, non siamo forse chiamati a conservare lo splendore degli antenati, per il fatto stesso che ci fregiamo della loro virtù? Non è forse per noi come un incarico del Fato fare in modo che quello splendore non smetta mai di irradiare gli altri popoli? Indubbiamente ci sarà da vergognarsi e da rammaricarsi se un giorno saremo costretti a cedere un tal patrimonio, trascurato con indegna negligenza, a custodi più premurosi… Allora, chi mai tra noi sosterrà lo sguardo di tutti i popoli che, anche in silenzio, ci condanneranno come dissipatori del denaro pubblico? Diranno: "Andate ora a fidarvi degli italiani! Essi hanno ridotto in cenere un fuoco che doveva rimanere sempre acceso." E perché queste parole non ci fruttino infamia, io stesso mi darò da fare strenuamente, così come si son dati da fare gli organizzatori di quella festa a Sulmona, cioè gli studenti e il preside del liceo “Enrico Fermi”, mostrandosi all'altezza non solo d'Ovidio, ma del patrimonio di tutti gli italiani.
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