martedì 11 luglio 2017
C'era una volta un tale, che aveva ricevuto in eredità un gran numero d'opere d'arte. Statue scolpite con grande capacità, quadri dipinti con meravigliosa perizia, mosaici policromi, gioielli preziosissimi, gemme, perle piccole e grandi rilucenti di singolare splendore, bassorilievi le cui immagini sporgenti sembravano quasi balzar fuori dalla parete di marmo e venire alla vita, arredi in legno scolpiti con rilievi complessi decoravano la magnifica casa di famiglia di quell'uomo, e la rendevano bella e ammirevole per tutti coloro che la visitavano. Ma codesto uomo, giacché aveva cominciato a temere che un sì gran tesoro di preziosità diverse si rovinasse con l'uso, o ricevesse un danno da parte di qualche malintenzionato, rinchiuse tutto, nel massimo ordine che gli fu possibile, in poche stanze della sua casa, che munì di porte corazzate, e serrò con tre chiavi e solidissimi chiavistelli. Ordinò che dalle pareti del palazzo, dalle sale e dai corridoi fosse tolto ogni ornamento, tutte le tende ricamate, qualunque poltrona o armadio più elegante, e fosse portato in quelle stanze, perché nessuno li consumasse neanche un po', e ladri malvagi non potessero coi loro sotterfugi prenderli e portarseli via in qualche modo. Aveva, quest'uomo, tre figli non privi di virtù; e allo stesso modo ordinò che dalle loro camere da letto fosse strappata ogni decorazione regale, con cui erano ornate; tolti gli affreschi che decoravano le pareti, sottratti i tessuti intrecciati con filo d'oro, portati altrove tutti i vasi d'argento, sui quali si potevano vedere incise le gesta gloriose dei padri, tolte dai letti le coperte artisticamente intessute e colorate di superba porpora, quei poveri fanciulli erano costretti a vivere in nude e fredde celle, circondati da grigie pareti cadenti. Ma siccome chiedevano con insistenza che venisse loro concesso d'accedere al tesoro della propria famiglia, il padre, severissimo, chiedeva soldi ai figli, perché potessero, ma solo per un breve lasso di tempo, entrare in quelle stanze; adducendo a pretesto il fatto che quei soldi, che lui esigeva spinto da cieca e bramosa avidità, fossero necessari a conservar bene quei tesori e a custodirli fedelmente. Così i figli, che pure erano eredi di ricchezze ingenti, stimate moltissimo da tanti, eran tenuti da quel genitore disumano in quella miserabile e squallida condizione di vita. Ogni volta che vado a visitare, pagando un biglietto non proprio economico, quegli edifici che con nome improprio oggi si chiaman “musei”, dopo avere ammirato un'infinità di opere d'arte di quelle che si facevano una volta, che son conservate in quegli strani depositi della bellezza, staccate e lontane dalla vita comune e quotidiana, mi vengono spesso in mente le nostre periferie, dove i bambini d'ambo i sessi non posson veder nulla di bello, nulla di delicato, nulla che sia degno d'ammirazione intorno a sé; e non posso proprio fare a meno di pensare a quella favoletta del feroce genitore che curava così male i suoi figli.
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