martedì 6 giugno 2017
“A Roma tutto è in vendita”
Sall. Iug., 8.

Platone, nel Protagora, dimostra che alcune fra le cose umane non dovrebbero soggiacere al guadagno, non perché non possano esser messe in vendita (l'avidità s'è infatti abituata a valutare tutto a peso d'oro), ma piuttosto perché, se le misuriamo con criterio economico, è inevitabile che la natura e l'indole peculiare delle stesse venga sminuita. Platone certamente ci dà, come ottimo esempio di queste cose, la sapienza: poiché questa si fonda sulla conoscenza della verità e del bene, se qualcuno osasse vender la stessa o qualsiasi altra cosa sotto il nome di sapienza in cambio di denaro, costui, mentre aspira bramosamente al guadagno, non capirà ovviamente se nella sua dottrina c'è, per caso, qualcosa di falso o brutto, ma, alla stregua d'ogni buon mercante, sarà costretto a lodare in ogni modo le sue mercanzie. Queste parole ci offrono certamente consistente materiale di riflessione, soprattutto oggigiorno, dal momento che su ogni cosa e sempre sembriamo
praticare una sfrenata mercatura. Probabilmente ci son cose che mirano a far sì che veniamo ammoniti a non considerare tutto ugualmente in vendita; ma, non appena le abbiamo trascinate al desiderio di guadagno, le roviniamo e corrompiamo completamente.
E allora? Non numereremo forse fra quest'ultime, giustamente e a ragione, molti capolavori artistici, il patrimonio trasmesso dai nostri avi e tanti altre opere che ci sono state tramandate con una magnifica eredità? Infatti, quando le osserviamo attentamente, col loro stesso splendore dimostrano che gli uomini non hanno stimato così tanto né oro, né ricchezze, pur di realizzare un'opera decorata quasi con splendore divino. È indubbio pensare che, se la cupidigia d'oro fosse stata così grande, non l'avrebbero mai impiegato nelle realizzazioni di queste meraviglie, da cui non s'ottiene niente di più che la contemplazione della bellezza. Dunque, quando vedo che tutte quelle cose sono ritenute al pari di merci, temo che ci allontaniamo, come si suol dire, dall'obiettivo: infatti vincoliamo al guadagno e includiamo nei limiti del commercio proprio ciò che dovrebbe farci ricordare che siamo stati generati per mete più alte.
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