giovedì 9 novembre 2017
Platone afferma che il vero nutrimento dei cittadini siano gl'individui stessi da cui è composta la loro comunità; per cui, se la comunità è ben formata, gli uomini posson diventar buoni; s'è mal composta e amministrata, diventeranno disonesti; e anzi Isocrate - che non di rado s'oppone a Platone, benché un tempo discepolo dello stesso maestro Socrate -, osando ancor di più, dice che la comunità dei cittadini è l'anima della città e del popolo, e ha la stessa forza che ha la ragione nel corpo. Ma uomini di grande ingegno si son chiesti nei secoli su cosa si dovesse fondare particolarmente la comunità dei cittadini. Per Isocrate, come per noi, si direbbe che il fondamento d'una buona e valida comunità non sia altro che l'educazione dei cittadini. Temiamo a questo punto, caro lettore, d'imbandirti una minestra riscaldata, ripetendo ciò che noi o altri han già detto; ma la forza del discorso si fonda proprio su questo: trattando in modi diversi un argomento, possiamo penetrar più nel profondo e raggiungere il suo senso ultimo e recondito. Cercheremo certo quell'educazione che giovi di più alla difesa del bene comune in qualunque tipo di governo; perché la forza dell'educazione è tale, che o nella monarchia, o nella democrazia, i cittadini con una buona formazione - i veri signori dello stato - sono il fulcro e il presidio, unendosi ai quali i governanti, i re e, per così dire, i reggenti d'ogni sorta, conducono ogni cosa verso una condizione migliore. Ci si chiederà dunque a ragion veduta che cosa davvero educhi il cittadino. Secondo Isocrate, Platone e altri filosofi, la prima difesa dello stato non è costituita né dalle armi né dalla ricchezza, bensì dalla moralità; le risorse dei singoli, infatti, anche quando si tratti di forze in armi, spesso non si rivelano di beneficio per il resto della comunità; quanto alla ricchezza, invece, ne vediamo abbondare anche chi ne sia il meno degno.
I buoni costumi, invece, che a buon diritto e in maniera propria possono esser definiti col nome di virtù, incitano a sottoporsi a ogni tipo di fatica, anche la più gravosa, esortano a opporsi alle ingiustizie e spronano ad aiutar coloro che versano miseramente nelle condizioni più sfavorevoli. Tali costumi, tale virtù, si comprende come non debbano esser trasmessi ai nuovi cittadini come una qualche dottrina imputridita e immobile, ma come un continuo esercizio della mente e della fortezza d'animo che sono connaturati agli uomini e alle donne da cui è composta la società. A preservar le leggi è proprio quest'educazione a una retta condotta di vita, e non certo gl'innumerevoli decreti o le condanne; stando infatti all'avveduto parere d'Isocrate prima, e in séguito di Tacito, gli uomini onesti si comportano secondo giustizia obbedendo a quelle leggi semplicissime che serbano scolpite nell'animo; i disonesti, invece, son pronti a eludere anche quelle leggi che sono state formulate con grande accuratezza.

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