domenica 5 agosto 2018
È passato via come un giorno qualsiasi, anonimo e uguale a tanti altri. Immerso nei soliti impegnativi dibattiti come quello, tra i tanti, sul troppo caldo che ci affligge ogni estate, parola che, tra l'altro, etimologicamente, derivando dal latino aestus, sta proprio a dire: calore. Magari riuscissimo, almeno, a ridurre le immissioni di aria calda nell'atmosfera, come accade con l'enorme impatto che hanno i condizionatori d'aria fredda montati sugli autoveicoli, nelle case, negli uffici, nei centri commerciali. Eppure il caldo è sempre stato caldo, e come facevano i nostri nonni?
Diciamoci la verità, non ci abbiamo fatto caso più di tanto a quel giorno che è stato mercoledì 1 agosto. Abbiamo, forse, dato uno sguardo a quella notizia, piccola piccola su quasi tutti i giornali (Avvenire vi ha dedicato un editoriale il 29 luglio) e breve breve nei telegiornali, e poi... È arrivato un altro giorno e l'abbiamo dimenticata, come pure gli eventuali buoni propositi messi uno in fila all'altro. Se non cominciamo a cambiare adesso certe abitudini che ci spingono al consumo e allo spreco inutile, per la salute del Pianeta e soprattutto quella dell'essere umano e delle specie animali viventi con noi, sarà un bel guaio. Ma fin tanto che abbiamo il frigorifero pieno, il cuore resta in pace.
Pensiamo un attimo d'essere tutti a bordo del razzo "Saturn V", quello della missione spaziale "Apollo 13" partita da Cape Canaveral, in Florida, l'11 aprile 1970. Sì, quella resa più famosa delle altre, per via di quella poco rassicurante comunicazione radio dell'equipaggio con la base Nasa: «Houston, abbiamo un problema». C'era stata l'esplosione di un serbatoio di ossigeno che metteva in serio pericolo il ritorno sulla Terra e la vita dell'equipaggio. Non deve essere bello stare in quella situazione, in mezzo all'universo, sapendo che l'aria che ci fa vivere si sta esaurendo e non sarà sufficiente a concludere la missione. Ma tutto si risolse nel migliore dei modi, e gli astronauti dell'"Apollo 13" tornarono alle loro case, sani e salvi.
Ecco, noi, oggi, sulla Terra è come se ci trovassimo a bordo di una nave spaziale, messa dinanzi a un serio problema di sopravvivenza sulla rotta dell'umanità: perché da anni stiamo consumando in anticipo le risorse che abbiamo a bordo: ossigeno, viveri e tutto quello che ci è necessario e ci deve servire per il viaggio intergalattico. Abbiamo consumato tutta la cambusa e stiamo intaccando le scorte, prima del previsto. Ce la faremo? Di questo passo credo che un giorno ci dovremo porre il serio dilemma di come agire, prima che sia troppo tardi per il Pianeta. Al momento, ancora l'unico che abbiamo e che ci accoglie.
Ecco cosa è accaduto mercoledì primo agosto: l'umanità vorace ha consumato tutte le risorse che la natura può rinnovare in un anno sulla Terra. E dunque per vivere i prossimi cinque mesi di questo 2018, andremo a sovrasfruttare la Terra e il debito che andremo a creare, negli anni, non sarà per nulla semplice da ripagare. Anno dopo anno si accorcia sempre di più la data calcolata dagli scienziati, da quando si studiano i consumi delle risorse non infinite disponibili sul nostro pianeta, che sfruttiamo più di quanto esse riescano a rigenerarsi. Oggi si stima che l'umanità, certo quella più benestante, sta consumando l'equivalente di 1,7 Terre, calcola il "Global footprint Network". E noi in Italia? Il nostro giorno del sovrasfruttamento è stato il 24 maggio scorso. Se tutti vivessero come noi, consumeremmo l'equivalente di 2,6 pianeti Terra.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI