La spiritualità di Luis de Victoria in un liuto e nella voce di Mena
domenica 26 settembre 2004
Quella del compositore spagnolo Tomás Luis de Victoria (ca. 1548-1611) è una figura del tutto singolare, che eccelle per carisma, originalità e autorevolezza nel cangiante panorama musicale cinquecentesco. Nato ad Ávila, crebbe spiritualmente e artisticamente a Roma, all'ombra di personaggi come Filippo Neri, Ignazio di Loyola e Giovanni Pierluigi da Palestrina, frequentando il Collegio Germanico e ricevendo poi gli ordini religiosi; nel corso di una luminosa carriera si seppe imporre come uno dei maestri assoluti del severo contrappunto d'epoca tardo-rinascimentale, autore acclamato ed eseguito nei più importanti centri musicali d'Europa. Sfogliando il catalogo delle sue opere non si incontra però altro che musica sacra, all'insegna della più elevata scuola polifonica: non una chanson o un villancico, una frottola o un madrigale profano, una di quelle composizioni che risuonavano nelle lussuose dimore della nobiltà dell'epoca e ne accompagnavano i fastosi intrattenimenti. Desta dunque un certo stupore la scelta del controtenore spagnolo Carlos Mena di incidere su disco alcune tra le più belle melodie spirituali di Victoria nelle riduzioni per voce sola con accompagnamento di liuto (qui suonato dal virtuoso Juan Carlos Rivera), così come si sono perlopiù tramandate attraverso diversi codici che testimoniano la fortuna e la diffusione del corpus victoriano. Nel compact disc intitolato Et Jesum (pubblicato da Harmonia Mundi e distribuito da Ducale) il cantante affronta una selezione di mottetti, antifone e brani estratti dalle opere liturgiche più famose (come le Messe "O magnum mysterium" e "Quam pulchri sunt"): trascrizioni e antichi adattamenti, realizzati secondo l'usanza di "intavolare" per un singolo strumento a corda o a tastiera composizioni originariamente destinate a più esecutori. Ecco dunque che i lavori di Victoria a quattro, cinque, sei o otto voci vengono riproposti in una versione più intima e "liederistica", disvelando una linearità e una bellezza melodica disarmante, a tratti rischiarata dall'eterea eco mondana di un esercizio colto e raffinato, che non riesce però mai a tradire una naturale tensione verso l'"alto"; piccole e preziose gemme sparse, tesori di un'arte concepita "soli Deo gloria".
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