martedì 7 agosto 2018
E fanno 58. Gli anni e i miracoli che ci separano dalla dichiarazione dell'Indipendenza del Niger il 3 agosto del 1960. Da questi parti si esiste solo per miracolo. Chiedetelo ai contadini che, coi granai vuoti da mesi, vivono di miglio mescolato a foglie e condito di attesa del prossimo raccolto. In questa zona del Sahel piove per grazia ricevuta e gli ex-voto sono appesi agli alberi che ancora rimangono tra quelli piantati l'anno prima. È ormai un'usanza stantìa e poco seguita dal popolo. Piantare un albero il giorno anniversario dell'Indipendenza per tentare di far mettere le radici alla democrazia. Chiedetelo agli attivisti appena liberati dopo vari mesi di carcere per convincervi. Saggiamente vi diranno che solo un miracolo potrà salvare il Paese dalla deriva autoritaria dell'attuale Repubblica. È la settima da quando la sabbia ha preso il potere nel Niger con un colpo di vento del deserto. Da allora si è trovata a suo agio e ha scelto di non tradirlo con nessun altro Paese. Anche l'Indipendenza del Niger è fatta di sabbia.
Però nella scuola no. I miracoli non sono bastati e lo stesso Presidente, nel suo discorso augurale per la festa, ne ha riconosciuto il fallimento. I risultati degli esami delle scuole statali sono stati disastrosi e rispecchiano l'inesorabile smantellamento della scuola pubblica. Si salvano gli alunni delle scuole private, una delle quali – il liceo francese «La Fontaine» – ha avuto un cento per cento di ammissioni. È naturalmente in questo liceo che vanno i figli del Presidente e molti figli dei membri del Parlamento. La crisi di fede che attraversa questa istituzione spinge i genitori a non tentare Dio e a preferire le scuole private. In queste ultime i miracoli non sono necessari perché fanno parte della retta scolastica che solo loro possono permettersi. Lo stesso vale per la salute. Ce la siamo cavata, per ora, dalle rituali epidemie di meningite, e solo alcuni casi sparsi di colera hanno seminato qualche lutto in periferia. Le altre malattie non sono nulla se paragonate alla cronica mancanza di cibo che crea la peggiore delle epidemie: la fame.
Passano e poi tornano i migranti e, nel raccontare come sono arrivati, sono loro stessi che usano quella parola. Si dicono vivi per miracolo, ed è solo un miracolo che li ha salvati. Chi dalle mani dei briganti, chi dai jihadisti, chi dalla tortura e chi dal naufragio. A ognuno il suo miracolo personalizzato, e sembra difficile dar loro torto. Constant, liberiano di quarant'anni, non sa spiegare come ha potuto sopravvivere in tutti questi mesi senza lavoro, senza soldi, senza salute e senza casa. È tornato questo lunedì al suo Paese in aereo, con un volo organizzato dall'Organizzazione internazionale per le migrazioni (di ritorno). Una sua connazionale, invece, a causa di qualche linea di febbre è stata bloccata giusto prima di imbarcarsi. Piangeva senza darsi ragione per il gran rifiuto dell'ultima ora dopo essere stata nella lista dei partenti. Si trova ospite dell'Oim da oltre un mese e, prima di congedarsi, ha affermato che solo un miracolo potrebbe farla tornare a casa. Lo stesso afferma Ornella quando confessa che sua figlia, appena nata, non ha l'Aids.
Non saremo i soli, ma qui si punta sui miracoli. Trovare da lavorare non è difficile. La complicazione arriva al momento del salario. Sparisce il datore di lavoro, oppure è appena partito in viaggio e senz'altro tornerà prima di domani. Per miracolo si pagano l'affitto e la bolletta – raddoppiata – della luce. L'acqua dipende dalle piogge, dalle condutture e soprattutto dal pagamento in tempo dell'ultimo rilevamento del contatore. I taxi hanno percorsi, orari e autisti del tutto improbabili. Non arrivano in tempo quando si ha fretta e non sempre si fermano al segnale del cliente. Nelle ripetute ore di preghiera, poi, sono semplicemente inaffidabili. Si nasce per miracolo, e financo il Presidente, nel citato discorso dell'Indipendenza, ha evidenziato i progressi effettuati in merito. Da una media di oltre 7 figli a donna fino all'anno scorso siamo passati a 6. Come definire tale cambiamento di costumi se non con il sostantivo di cui sopra...
Nel Paese operano i droni armati, i campi militari, i controlli alle frontiere, i gruppi terroristi, le organizzazioni umanitarie, le Nazioni Unite, l'Unione Europea, la Cina e gli Emirati Arabi Uniti. Si commerciano armi, cocaina, fuoristrada, oro, petrolio, migranti, sabbia e uranio. Converrete che, almeno da noi, è difficile non credere nei miracoli.
Niamey, Agosto 2018
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