domenica 23 maggio 2004
Ti ho visto sulla riva di fronte: come fare per venire fino a Te? I venti hanno strappato le mie vele, le onde hanno consumato i remi del mio naviglio. Come gettare ponti? Su quali pilastri costruirli? Ti ho udito" ecco la Tua voce, è nel fruscio dell'acqua" E io, prigioniero della riva dove sono, aspiro a venire a Te. Potrei farlo attraversando l'acqua ma a ogni passo rischio di annegare. Tendi le tue braccia verso di me" Sì, nell'ascensione Cristo sembra essere sull'altra riva, quella dell'eternità e dell'infinito. Irraggiungibile: non è, infatti, possibile gettare ponti tra la nostra e quella riva. Eppure una soluzione è possibile. Ce la ricorda in questa preghiera Georges Kerbaj, un monaco maronita libanese, nel volumetto Il mio passaggio a Te (ed. Messaggero, Padova), una bella e intensa raccolta orante. Sulla scia dell'episodio evangelico del Cristo che cammina sulle acque e va incontro a Pietro esitante, noi tentiamo di avviarci verso il mistero che sta al di là delle nostre sponde terrene. E' quell'itinerario che si compie ora nella fede e che un giorno, alla nostra morte, si attuerà nella visione diretta. Sarà, infatti, Cristo stesso, che ha già varcato quello spazio uscendo dalla morte, a venirci incontro, a prenderci per mano, a impedire che la nostra esistenza affondi nel gorgo del nulla. Allora egli si mostrerà "a faccia a faccia" e non più «come in uno specchio, in maniera confusa» (1 Corinzi 13, 12). Questa è, dunque, una giornata di speranza: dalla nostra riva guardiamo verso quella meta lontana e luminosa e non disperiamo di poterla un giorno anche noi raggiungere. A quel punto, come diceva s. Paolo, «saremo sempre col Signore».
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