sabato 25 aprile 2020
Che strano questo mondo ancora senza rumori, senza richiami, senza vita, come in attesa di qualcosa di forte, di grande e inaspettato – nemmeno gli aerei che avevano qui sopra la loro
strada nel cielo passano più.
Come faremo a sopportare di nuovo il grido della vita che ha sempre accompagnato i nostri anni e che ci sembrava necessario e utile. I giovani lo ritroveranno nell’aria nuova che ci aspetta forse con maggiore coscienza di cosa hanno e avranno tra le loro mani. Il
virus, passando nelle nostre case e nelle strade delle nostre città, avrà lasciato dei vuoti e noi ci accorgeremo giorno dopo giorno quanta vita avevano ancora da spendere le persone che abbiamo perduto e i tanti nonni insostituibili per i nostri figli. Dovrà uscirne una civiltà nuova, più cosciente del valore degli anni e dei giorni che avremo, ognuno di noi, nelle nostre mani. I giorni passati nel silenzio nell’incapacità di trovare qualche interesse che sostituisse il rituale lavoro, ci ha almeno insegnato a guardare al vicino, a chi ha una finestra di fronte a noi, a chi ha guardato per questi mesi chi passava sulla strada con la spesa del giorno. E ci siamo sentiti meno soli, anche avendo una famiglia accanto, con la quale non avevamo mai cercato di condividere le idee o i progetti. I figli non parlavano più con nessuno in casa se non attraverso il telefonino, ora anche loro hanno scoperto che esiste un altro linguaggio, quello del vicino, quello di chi passa veloce sulla strada, quello del terrazzo di fronte come nella commedia di De Filippo di tanti anni fa. Abbiamo perduto certamente dal punto di vista del lavoro e del guadagno, ma nessuno credo dimenticherà la serenità e la scoperta di una amicizia fatta anche solo di poche confidenze passate per i nostri comuni balconi. E quando tutto riprenderà come prima questo ci mancherà e cercheremo più familiarità tra la gente che condivide la nostra scala e il portone d’ingresso. Ci occuperemo delle piante del piccolo giardino comune perché improvvisamente saranno diventate di tutti. Forse più avanti nel tempo ci accorgeremo di chi avrà bisogno di sostegno, di compagnia, di aver qualcuno che ascolta la propria pena e sarà facile, ricordando questi giorni, trovare l’aiuto giusto. Ma certo senza coltivare illusioni il mondo non diventerà d’improvviso giusto, caritatevole e onesto, ma questa pioggia di pianto e di dolore non passerà inutilmente. Un ricordo per sempre dovremo nella nostra vita ai quei medici, a quelle infermiere, a tutti coloro che si sono esposti per aiutare gli ammalati a guarire, a non morire soli. Hanno dato un immenso esempio di carità come mai si era visto nel mondo. Sappiamo che non è tutto finito; che ci verranno ancora richiesti dei sacrifici alla nostra libertà, ma cerchiamo di camminare avanti senza pretendere subito il meglio, ringraziando il Signore che ci ha lasciato ancora la vita e la capacità di ricerca di una strada più giusta e più condivisa fra i popoli del mondo.
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