sabato 21 settembre 2019
Uscire dall'aurea mediocritas che sembra aver imprigionato Roma è possibile. A patto di dotarla di poteri e risorse economiche coerenti con lo status di Capitale e di riattivare energie collettive che battano il virus del "presentismo" di cui soffre oggi. Lo conferma lo studio Roma 2030, elaborato sotto la brillante guida di Domenico De Masi e promosso dalla Camera di Commercio di Roma. «Nel 2030 – spiega De Masi – ci saranno nel mondo 600 città con più di un milione di abitanti. Ma solo una quarantina saranno vere "città mondo", in grado di produrre idee, valori, stili di vita, indipendentemente dalla quantità dei loro abitanti». Roma avrebbe le caratteristiche per far parte di questa cerchia ristretta. Ha asset unici, che negli ultimi 10 anni le hanno consentito di adattarsi alle crisi economiche e soprattutto di sviluppare una "resilienza soggettiva" ai danni collettivi causati dal deficit di classe dirigente. Il tasso di occupazione nel periodo 2008-2018 è aumentato dal 62,6% al 63,8%, mantenendosi sopra la media nazionale. Mentre il Pil, che tra il 2000 e il 2008 era cresciuto del 14% battendo Milano, dal 2008 al 2016 ha perso il 5,3% contro il più 1% di Milano: negli ultimi dieci anni Roma non ha colto la sfida dell'innovazione globale, sviluppando soprattutto attività economiche di bassa qualità con la proliferazione di pizzerie al taglio, B&B ed Ncc. E al peggioramento dei trend economici si è affiancato un (più evidente) peggioramento dei servizi pubblici locali, certificando così l'inefficienza della politica locale. Per invertire la tendenza è indispensabile dotare Roma di strumenti nuovi: apparentemente straordinari, in realtà assolutamente ordinari perché allineati a quelli messi a disposizione delle Capitali dei principali Paesi europei. È necessaria in primis una legge speciale che consenta di separare il bilancio di Roma-città da quello di Roma-Capitale: Roma non è solo dei romani, ma è la Capitale di tutti gli italiani e il riferimento culturale ideale dei cittadini dell'intero pianeta. L'obiettivo è creare un bilancio separato, a carico dello Stato, per coprire i costi derivanti dalle attività "nazionali" della Città Eterna: le 1600 manifestazioni sindacali e sociali l'anno ospitate da Roma e dai suoi (pazienti) cittadini ne sono l'esempio più visibile. Altrettanto necessario è favorire gli investimenti privati che puntino sulla qualità e sul valore aggiunto, dall'offerta turistica di lusso ai settori a più alta innovazione tecnologica, mettendo a sistema il primato di Roma nel settore universitario e della ricerca pubblica. Il 2030 è già qui. Perché è figlio degli investimenti, dei comportamenti e delle ambizioni che siamo in grado di sviluppare oggi. La partita tra Roma e il suo futuro è aperta.
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@FFDelzio
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