giovedì 2 ottobre 2014
Ieri qui (p. 2) Mimmo Muolo sulla bestemmia, «vero contrario della preghiera», e oggi un ricordo: mio padre Arnaldo, falegname ebanista – nel 1962 disegnò anche i banchi per i Padri del Concilio – aveva sempre in tasca un piccolo Nuovo Testamento e una volta durante una pausa pranzo sentì da un suo collega, fervente elettore del Pci, questa esclamazione: «…perché Lenin ha detto che chi non lavora non mangia!». E lui: «Ma sei sicuro che sia stato Lenin?». Mostra il testo di san Paolo (2Tess. 3, 10): «Chi non vuole lavorare, neppure mangi!». Quello legge, e stupito ci pensa un momento, poi sbotta: «Arnaldo, tu sai che qualche volta a me capita di bestemmiare qualche Santo, ma San Paolo... Mai! Me lo sentivo che era... un compagno!». Ecco: agli occhi del Signore che vede nel profondo delle coscienze certe “preghiere” possono essere reali “bestemmie” contro i fratelli e contro Dio rivelato in Gesù e nella sua misericordia, e apparenti “bestemmie” che in realtà agli occhi del Signore diventano “preghiere”. E Teresa di Lisieux – scrivo nel giorno della sua festa – immersa nella sua prova finale contro la fede descrive la sua «paura di bestemmiare» vinta con l'abbandono alla Misericordia infinita. Bello!
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