domenica 3 febbraio 2019
La paura fa 38. Gli Stati Uniti faticano a uscire dalla Grande Depressione, che attanaglia l'economia e tanti, troppi cuori e tante, troppe famiglie, mentre il presidente Franklin Delano Roosevelt da cinque anni ripete: «L'unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa». La Germania si è messa in tasca l'Austria e pregusta il prossimo pasto, i Sudeti. In Spagna, rossi e neri si massacrano alacremente. In Cina, la guerra con gli invasori giapponesi miete milioni di morti. Il 1938 è un anno cattivo, feroce, spietato. E il peggio doveva ancora arrivare.
In quel povero mondo sciagurato, e in quell'anno i cui giorni si sgranano come una miccia fumigante, accade la più clamorosa, enorme, esagerata esplosione di paura collettiva spontanea mai accaduta. L'episodio è noto soprattutto negli Usa. Da noi ancora c'è chi è convinto che si sia trattato di uno scherzo riuscito troppo bene. Invece, la sera del 30 ottobre 1938, il ventitreenne Orson Welles non aveva intenzione di ingannare nessuno. Voleva solo allestire uno spettacolo ben fatto.
Negli studi radiofonici della Columbia Broadcasting System (Cbs) sta per andare in onda in diretta, come ogni settimana, il programma Mercury Theatre on the Air, adattamento radiofonico di un romanzo. È un radiodramma, l'equivalente per la radio di ciò che in seguito, per la tv, sarà il romanzo sceneggiato e la fiction. Welles non è soddisfatto. L'adattamento della Guerra dei mondi di Herbert G. Wells, scritto da Edward Koch, non lo convince. Monotono, noioso, poco avvincente. Così ha una trovata: un vero programma musicale interrotto da finti notiziari che annunciano lo sbarco alieno e si interrompono sul più bello, mentre il cronista descrive gli orribili, invincibili marziani.
Welles sa del panico scatenatosi nel Paese soltanto la mattina dopo. Non vuole crederci. Il programma è il solito, un radiodramma che va in onda dall'11 luglio 1938 ogni settimana lo stesso giorno alla stessa ora; chi si sintonizza è avvertito che si tratta di un'opera di fantasia per cinque volte, all'inizio e dopo ciascuna delle quattro interruzioni pubblicitarie. Eppure, su 6 milioni di ascoltatori, 1 milione 700 mila lo scambiano per realtà e 1 milione 200 mila fuggono in strada in preda al panico. Hanno creduto che la radio stesse raccontando un'invasione reale.
La radio era già usata come strumento (volontario) di manipolazione. Goebbels piazzò un apparecchio radiofonico in ogni abitazione tedesca, alimentando la fedeltà al regime e l'odio verso l'ebreo. Ma quella sera il potere manipolatorio del medium radiofonico si scatenò involontariamente. Come? E perché?
A indagare sarà Hadley Cantril della Princeton University. È lui a elaborare il concetto di "abilità critica", valido ancor oggi. Più di un milione di americani dimostrano di non essere in possesso dell'abilità critica necessaria per riconoscere la natura del programma. Chi sono? Famiglie in difficoltà, provate dalla lunga crisi; genitori insicuri di poter garantire un futuro ai figli; lavoratori impauriti che temono di perdere il posto di lavoro, o disoccupati angosciati dall'idea non averne mai più uno. Sono i deboli, insicuri, impauriti. La paura si ingigantisce in panico e impedisce di pensare lucidamente.
Succede anche oggi, senza marziani ma con altre minacce, invasori compresi? Quella sera andò in onda una mostruosa bufala, involontaria, che tanti americani presero per buona. Vedendo moltissimi altri scappare accanto a loro, avranno pensato: siamo in tanti, non possiamo sbagliarci. Tante paure singole si uniscono, divenendo un fiume di paranoia collettiva. Allora. E oggi.
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