domenica 5 luglio 2020
C'è un nuovo senso di legalità che sta nascendo in questi giorni sia pure tormentati a Napoli: ne sono ispiratrici e protagoniste, direbbe Luigi Compagnone, soprattutto le donne. La lotta quotidiana si tinge di commovente altruìsmo quando le donne sono per di più originarie di terre remote giunte ai piedi del Vesuvio per trovare migliori condizioni di vita e invece si scontrano con i soprusi fino all'estremo delle loro forze, poiché non è quello il mondo che avevano desiderato. Questa era anche la dura battaglia per una vita dignitosa intrapresa da Irina Maliarenko, la donna di trentanove anni e madre di famiglia di origini ucraine percossa brutalmente da quello che l'eufemismo delle cronache ha chiamato il suo "compagno"e spirata il primo marzo alcuni giorni dopo il ricovero. Il sacrificio di Irina per una società che ritrovi umanità e legalità non si è consumato invano: verrà ricordato da una panchina dipinta di rosso istallata nei viali dell'ospedale "Pellegrini vecchio" nel centro storico, dove è morta. Molte le personalità intervenute all'inaugurazione, fra cui il direttore della Asl Napoli 1 Centro, istituzione la quale ha voluto che una panchina contrassegnata con il nome di Irina sia un motivo in più per riflettere con orrore sulla peste della violenza contro le donne.
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