martedì 5 settembre 2017
Una volta stabilito - da una panchina d'oro assegnatagli dai colleghi - che il miglior tecnico italiano è Maurizio Sarri, stupisce che il ct Gian Piero Ventura, dotato di un curriculum modesto, abbia pensato di sbalordire il popolo (nonché les bourgeois) inventandosi una Nazionale choc non per un'esibizione tout court ma per un vitale match della Nazionale. Un chiarimento: molti proveranno a realizzare il calcio di Sarri, a creare una squadra “alla napoletana” affascinati dal suo meccanismo di gioco quasi perfetto; pochi - noto - si rendono conto della primaria virtù del Napoli: essere, cioè, uguale a se stesso, fenomeno consolidato da una stagione data al fascino piuttosto che al risultato ma oggi pronto a tentare la vittoria tricolore. Ho visto tanto calcio e mi ha colpito il fatto che Sarri, rinunciando a un mercato esplosivo, contentandosi di qualche buon rincalzo, abbia seguito la traccia lasciata da grandi maestri come Bernardini, Herrera, Rocco - le cui formazioni si mandano ancora a memoria - e Trapattoni, il giovane/vecchio che ha realizzato un decennio juventino d'oro tenendo fermo un impianto di base. Ventura, come se rispondesse ai suggerimenti di opinionisti avventurosi quanto inesperti, gente da tikitaka e possesso di palla, schemi “a tre” e “a quattro” senza saper di uomini con o senza qualità, ha giocato i novanta minuti più importanti della sua carriera come un dilettante allo sbaraglio. Non dimenticheremo la scelta più stupefacente - per niente coraggiosa e, nel caso lo fosse, più sconsiderata - ovvero quella di Spinazzola che, del tutto incolpevole, sia chiaro, è stato invitato non a un viaggio/premio ma a giocare da titolare. Contro la Spagna. Al Bernabeu. A dar la tesi di laurea dopo le elementari. Fra i campioni del mondo dell'82 vi fu chi non toccò mai palla ma meritò l'applauso per aver contribuito alla serenità della Famiglia Azzurra. Sabato sera si è purtroppo capito, anche dalla tattica suicida, ovvero rinuncia totale all' impostazione difensiva non ideologica ma di banal prudenza, che Ventura volesse, a fine partita, esser paragonato, che so?, a Cruyff, a Guardiola, agli inventori di calcio che in Italia sono stati imitati, ma con juicio, soltanto da Arrigo Sacchi o - sento dire e rabbrividisco - da Zeman. Parafrasando Brecht, vien da dire “sfortunata l'Italia che ha bisogno di geni”. Ora si spera che la lezione della Spagna, tanto dura quant'era morbida l'altra sera la Nazionale sparring partner, risvegli in Ventura - certo mal consigliato da uno staff che l'ha convinto (Tavecchio compreso) di essere Sir Alex Ferguson - lo spirito del tecnico di Coverciano (una volta dicevamo del parastato): umile maestro, condottiero di uomini e campioni prestati alla patria pallonara da un campionato costoso e senza ideali. Come diceva un tempo Niccolò Carosio: attenti signori, gioca l'Italia.
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