venerdì 6 novembre 2015
Una brillante laurea in Medicina, un talento per la ricerca, la vocazione per capire le necessità dei pazienti. Pareva il profilo ideale per una carriera clinica e accademica di prim'ordine, e così è stato. Ma per arrivare in vetta Giovanni Di Pino, 36 anni, ha dovuto seguire un percorso assai più tortuoso del previsto, suo malgrado. Un grave incidente l'ha infatti costretto sulla sedia a rotelle, ma la tenacia gli ha fatto proseguire gli studi sulle interfacce neurali che aveva avviato. E la sua università – quel Campus Biomedico di Roma che si sta guadagnando fama di polo di ricerca e cura d'eccellenza internazionale – l'ha incoraggiato a tornare in sede, stavolta per coronare il suo nuovo sogno: aiutare chi soffre di gravi menomazioni fisiche sviluppando sistemi di comunicazione che consentano di creare una connessione diretta del sistema nervoso con un'apparecchiatura esterna. Il risultato del lavoro di Giovanni – che intanto ha conseguito un dottorato di ricerca in bioingegneria specializzandosi poi in neurologia – ha fatto parlare la comunità scientifica: un modo tutto nuovo di sviluppare protesi a controllo neurale, che privilegi le necessità del paziente sullo sviluppo ingegneristico, con un netto miglioramento in termini di praticità. La prima applicazione del progetto – chiamato «Reshape» – è una nuova mano per gli amputati,realizzata in modo che il paziente la "senta" davvero come sua. Un progetto a tal punto promettente che ora lo European Research Council ha incluso il progetto tra i migliori 10 (selezionati tra più di 3mila) ammessi a un finanziamento fino a 1,5 milioni di euro. Forza allora, Giovanni: è solo il primo traguardo.
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