martedì 14 aprile 2015
La Juventus sconfitta sabato a Parma dall'ultima in classifica non ha fatto notizia più di tanto. La caduta della Potentissima Signora in odor di scudetto ha soprattutto esaltato le virtù dei guerrieri crociati. Lucarelli e compagni, sollecitati dall'ottimo Donadoni, hanno trovato nelle pieghe del fallimento aziendale quell'umanità ormai perduta dal calcio-business che, finalmente applicata al gioco, ha partorito eroi. L'insolito accadimento, con buona pace di Davide e Golia, ha prodotto insegnamenti morali - e ce n'era bisogno, vista l'aria che tira - e anche tecnici: troppi considerano la partita una mera esibizione di moduli, al punto di battezzare gli allenatori non sulla base della loro professionalità o tendenza “culturale” - difensivisti, offensivisti, attendisti - ma come titolari di un 4-3-2-1, o di un 5-3-2, di un 3-4-3 o di altre modulazioni di frequenza; poi la realtà esibisce ben altre qualità del nostro sport più popolare, a partire dalle virtù dei singoli pedatori e del tecnico che li fa diventare squadra sollecitandone intelligenza, generosità, dignità e orgoglio. Mi son chiesto, nei giorni scorsi, se tutti hanno davvero inteso e recepito la lezione fornita dalla Juve e dalla Lazio nei match di Coppa Italia. La Juve a Firenze ha giocato la partita più bella dell'anno librandosi in un volo di libertà tattica; la Lazio contro il Napoli ha esaltato il Calciatore Totale esibendo un Lulic che ha contemporaneamente salvato la propria porta e realizzato il gol della vittoria affermandosi come centrocampista offensivo e difensore di ruolo. Cose di una volta. La Juventus caduta a Parma - dicevo - praticamente non ha fatto notizia anche se il gol del piccolo Mauri è stato da molti accolto come un potenziale strumento di miracoli: da una parte introducendo la pur remotissima possibilità di una salvezza del Parma, dall'altra nutrendo sogni romani (su entrambe le sponde del Tevere) di uno scudetto ancora raggiungibile. La Juve è naturalmente pronta a rispondere - riesibendo la potenza momentaneamente offuscata - davanti al Monaco avversario di Champions stasera e subito dopo affrontando in campionato prima l'ambiziosa Lazio eppoi il gaudente Toro per chiudere la pratica tricolore. Oggi mi permetto di aver fiducia nella prova europea della Signora, visibilmente maturata agli ordini del praticissimo Allegri, perché proprio a Firenze - dov'è avvenuta la vera e propria prova generale - ho rivisto la Grande Orchestra lasciata in eredità da Antonio Conte. Segnalo ai turbatissimi mister di Roma, Napoli e Inter che si può essere grande squadra anche con Evra e Padoin, ma soprattutto sapendo rivelare la duttilità e la forza di Pereyra, migliorato rispetto alle stagioni di Udine, mentre spesso gli acquisti di provincia - vedi Inler, Jorginho, Iturbe - finiscono per deprimersi nei grandi club. La Juventus ha mostrato anche di poter rinunciare a Pirlo e Pogba, ma questo in campionato; se c'è un'incognita per il rendimento in Champions è proprio l'assenza del Grande Vecchio e del Giovane Fenomeno. L'importante è comunque che ci sia Tevez, il bomber che in maglia bianconera è riuscito a guarire anche dal mal di Coppa. E forza Juve, dunque, senza ipocrisia: l'Italia ha bisogno di tornare ad essere protagonista anche in Europa.
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