mercoledì 21 settembre 2016
Quando nel 1949 padre Roberto Busa, allora giovanissimo gesuita vicentino, si presentò nell'ufficio del fondatore dell'Ibm Thomas Watson proponendogli di usare le sue gigantesche macchine da calcolo per l'analisi linguistica poco mancò che fosse messo alla porta. Invece Watson credette in quel progetto visionario, l'informatica imparò che poteva non limitarsi a "far di conto" e iniziò a camminare insieme alle scienze umane, con i risultati che conosciamo. Ora la storia sembra ripetersi: Microsoft ha infatti annunciato che sta sviluppando un progetto per applicare la sua formidabile capacità di programmazione per «risolvere il problema del cancro». La storia della tecnologia insegna che per vincere una sfida apparentemente smisurata occorre partire con un'ambizione proporzionale. E un'idea chiara in testa, in questo caso la convinzione che «quello che rimane irrisolto nel cancro – spiega Chris Bishop, direttore ricerca del colosso fondato da Bill Gates – è un problema computazionale», cioè l'analisi di una mole immensa di dati per ricomporre miliardi di tessere in una immagine coerente. Solo così sarà possibile individuare lo spiraglio per riprogrammare le cellule malate e farle tornare sane, passando attraverso la decifrazione del loro codice genetico. Per dare la caccia al punto debole del sistema-cancro sono stati schierati programmatori accanto a biologi, medici fianco a fianco con informatici, dichiarando una guerra informatica su un terreno clinico. Siamo sulla frontiera della "nuova medicina", presidiata da laboratori scientifici di tutto il mondo. E ora anche dagli hacker dei tumori.
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