mercoledì 15 luglio 2015
Tutto cominciò quando il vecchio pastore Icario, che viveva con l'unica figlia Erigone, accolse quello strano viaggiatore che altri non era se non Dioniso. Per ringraziare dell'ospitalità, il dio regalò a Icario una piantina, spiegandogli che cosa sarebbe diventata e quali frutti avrebbe prodotto. Era la vigna, e Icario imparò ben presto a fare il vino che distribuì, come Dioniso stesso gli aveva suggerito, ai pastori del vicinato. Essi ne bevvero fino a ubriacarsi e vedendo l'effetto dell'inedita bevanda, pensarono che Icario avesse voluto avvelenarli e lo uccisero. L'indomani, ormai sobri, si accorsero dell'errore e seppellirono il vecchio senza dirlo alla figlia. Ma Erigone, guidata dall'olfatto della cagnetta Maira, scoprì la sepoltura e, per il dolore, s'impiccò.Con questa dolente favola il vino è entrato nella mitologia greca e romana che ha celebrato gli effetti ambivalenti della bevanda che allietava i simposi, stimolava l'erotismo e, offuscando le menti, propiziava tragedie. Il dono di Dioniso. Il vino nella letteratura e nel mito in Grecia e a Roma è un libro di elegante erudizione, divertito e divertente, di Luca Della Bianca e Simone Beta (Carocci, pagine 212, euro 16,00), che incuriosisce e interessa anche in chi, come lo scrivente, è tendenzialmente astemio. Proprio come Dioniso, che è il dio della distruzione ma simultaneamente è colui «che lenisce nei mortali la pena del vivere», il vino è sconcertante nei suoi effetti accuratamente esplorati dai due autori nelle fonti storiche e letterarie. Dai poemi omerici alle Metamorfosi di Ovidio, alle Odi di Anacreonte, alle trattazioni “scientifiche” di Aristotele e di Plinio il Vecchio, ai frammenti dell'Antologia palatina, Della Bianca e Beta guidano il lettore nel labirinto di miti e folclori spesso contraddittori che non turbavano gli antichi, per i quali narrazioni diverse e anche opposte convivevano serenamente in parallelo.Il libro appartiene a una collana editoriale rivolta a chi «ritiene che nella vita non si smetta mai di imparare», ed effettivamente s'imparano molte cose, anche parole come “catasterismo” che, nella mitologia greco-romana, indica la trasformazione in stelle e costellazioni di uomini illustri o eroi, come capitò a Orione, il gigantesco cacciatore che voleva sposare Merope, figlia di Oinopione, re di Chio, celebre per la sua ricca cantina. Orione si ubriacò di quella bevanda sconosciuta e, subendone l'effetto afrodisiaco, si affrettò a violentare la promessa sposa. Oinopione, offeso, lo fece ubriacare una seconda volta e, quando lo vide sprofondato nel sonno, lo accecò. Orione, tuttavia, in seguito recuperò la vista con i raggi del sole, tornò a Chio per vendicarsi, ma Oinopione riuscì a non farsi trovare. Orione fu poi tramutato nell'omonima, riconoscibilissima costellazione, nota come “il gigante delle notti invernali”. Gli autori, fra l'altro, denunciano «l'equivoco di ritenere la grecità sempre anteriore alle manifestazioni artistiche romane e creditrice nei confronti di esse»; infatti Nonno di Panopoli, autore delle Dionisiache – poema che riassume tutto quello che c'è da sapere su Dioniso –, «compone in greco all'epoca in cui l'Occidente politico e culturale sta crollando sotto le invasioni barbariche», cioè all'inizio del V secolo.Antidoti all'ubriachezza erano ritenuti il cavolo e l'ametista, di cui, evidentemente, non si avvalsero grandi bevitori come Alessandro il Grande, celebre per i devastanti scatti d'ira durante i simposi, e Marco Antonio, in cui Cicerone vedeva la rovina di Roma e che fu sconfitto da Ottaviano ad Anzio. È bello che Luca Della Bianca e Simone Beta abbiano voluto dedicare la loro opera, con «un brindisi affettuoso», al loro maestro Dario Del Corno, «il quale sapeva trasformare una lezione di letteratura greca in un'ora di bellezza assoluta». E un riflesso di quella bellezza traspare nelle pagine di quest'appassionata incursione nei miti della classicità.
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