sabato 4 aprile 2020
Quando Costantinopoli cadde, ci vollero quasi quarant'anni perché la notizia si consolidasse e giungesse nelle estreme propaggini dell'Occidente. Con lentezza, il mondo della Cristianità prendeva atto di essere mutato in quello che, per quei tempi, potremmo definire livello “globale”, mentre ciascuno, nel corso di generazioni, viveva il mondo comune in cui transitiamo secondo ritmi naturali. Ma non ci resta più alcunché di naturale nella “tempesta perfetta” di notizie che si accavallano l'une alle altre, e negli interstizi delle quali si nascondono ulteriori notizie (pubblicità) a creare un'unica melassa che ci ricopre di stratificazioni di sempre più residuali “fatti”. Prendere atto di qualcosa presuppone un tempo di comprensione che è proprio quello che ci lasciamo sottrarre. Una perfetta macchina d'acquisto accetta tutto, tutto desidera e tutto compra. O almeno così si vorrebbe. Perché il potere d'acquisto è mediamente crollato a minimi storici che ci riportano indietro di cinquant'anni mentre sono cresciute la mancanza di fede e ideali. Ci viene fatto credere di vivere come facevamo trent'anni fa, ma in modo tanto più esasperato quanto più si allontana da noi quella congiuntura che ci rese un paese ricco. Intraprendente. Eccoci allora a recitare un “benessere” che è immaginifico. O, direbbe Dante, ingannatore.
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