sabato 26 luglio 2008
«Dov'è finita la differenza cristiana?» Su "Europa" giovedì (p. 1) Pierluigi Castagnetti: l'ultima indagine conferma che nel voto i cattolici hanno usato «criteri prevalentemente politici», e «solo una piccola minoranza» ha badato alle «questioni eticamente sensibili su cui da anni insiste giustamente la gerarchia ecclesiale»". Dunque «il voto cattolico è così di popolo che non si distingue dal resto del popolo». Castagnetti "riflette", ma da lì in poi la sua riflessione pare rivolta solo alla Chiesa come "gerarchia ecclesiale": non avrebbe fatto bene il suo mestiere, e perciò egli le ricorda la famosa «distinzione dei piani, ecclesiale e temporale, senza dimenticare ciò che li unisce». In ciò, per lui, è stato il merito dei «cattolici democratici». Essi «mai si sono sentiti estranei alla loro Chiesa», ed egli ne rivendica «la funzione all'interno del Pd» scrivendo che oggi «riemerge l'esigenza di un protagonismo della loro tradizione». D'accordo, ma lo ha appena scritto: la Chiesa come gerarchia «da anni giustamente insiste sulle questioni eticamente sensibili». È «giustamente» il suo compito. Tutta colpa della Chiesa-gerarchia se esse non sono state prese sul serio? O non è forse mancato ciò che essa poteva e può attendersi dai cattolici impegnati nella politica? Su quei temi la voce dei «cattolici nel Pd» " non solo di qualche strano "isolato" " è stata forte e chiara come quella delle opinioni opposte? Non pare proprio. Allora riemerga davvero, «giustamente» e finalmente, «il protagonismo del cattolicesimo democratico»: distinguere, sì, ma «senza dimenticare ciò che unisce».
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