sabato 23 novembre 2002
Questa è un'epoca commemorativa. La quantità di denaro che si impiega per commemorare cose accadute è enorme. Lo stesso denaro, se fosse impiegato a suo tempo per le stesse cose, avrebbe forse mutato il corso della storia" La stessa creazione dell'universo, se il buon Dio avesse potuto disporre del denaro investito nei film biblici, sarebbe riuscita, penso, più chiara e ordinata. Sono non di rado invitato a intervenire a celebrazioni commemorative e alle relative, interminabili prolusioni di autorità e personalità varie, prima che si scopra il monumento o si tagli il nastro e si chiuda con l'ormai obbligatorio "rinfresco". Lo scrittore e giornalista Ennio Flaiano in questo elzeviro apparso sul Corriere della sera nel 1969 aveva già icasticamente stigmatizzato la mania "monumentale" che ha invaso le nostre piazze con (il più delle volte) orridi complessi statuari per caduti, eroi, scrittori, filantropi e quant'altro meriti (più o meno) ricordo. Le sue parole, che riservano una stoccata anche alla retorica religiosa, ci permettono di riflettere un po' su un rischio che è spesso in agguato in ogni ambito, quello dell'enfasi, dell'eccesso, dell'esaltazione cortigiana. C'è una bellezza nella sobrietà, nella sincerità, nella finezza che la persona abituata all'eccesso non riuscirà mai a capire. Si pensi solo alla semplicità delle parabole di Cristo, alla purezza dello stile di tanti capolavori, alla limpidità del pensiero di tanti geni dell'umanità, alla serenità di un'esistenza quieta e pacata. La via dell'eccesso, invece, conduce sempre all'idolatria o al ridicolo.
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