domenica 25 giugno 2017
«Nemo propheta in patria» (Lc 4,24): lo disse Gesù e c'è da credergli, ma sei secoli prima il grande profeta Geremia era stato condannato a morire soffocato dal fango in una cisterna (fu salvato in tempo) perché denunciava gli abusi idolatrici presenti nel popolo (Ger 38). Non c'è dunque da meravigliarsi se qualche cristiano, anche autorevole, non accetta il modo in cui papa Francesco guida la Chiesa. Nel caso specifico l'"autorevole" commentava su Il Giornale (martedì 20) la visita che papa Francesco ha fatto ai sepolcri di due «preti divisivi» (don Mazzolari, parroco di Bozzolo, e don Milani, priore di Barbiana) e riportando (condividendolo) quanto «lo sboccatissimo foglio livornese "Il Vernacoliere", da sempre schieratissimo a sinistra», aveva scritto, «durante il congresso con cui il Pd cercava di eleggere il suo leader: "Perché non eleggete Bergoglio?". Almeno è di sinistra, ormai è assodato». Insieme con il succitato quotidiano, anche Libero – così almeno appare – è schieratissimo tra i conservatori e i fondamentalisti. Ci sono infatti – insegnerebbe Qoèlet – tempi che a certi fedeli rimasti un po' indietro non consentono di capire i profeti, che per natura e missione guardano avanti.
Oggi anche nel mondo dei giornali accade che esistano commentatori miopi, brava gente in buona fede, che non vedono il mondo girare e cambiare e, di conseguenza, anche nel campo della Chiesa rifiutano sia i profeti del vecchio mondo (per esempio Mazzolari e Milani) sia quelli del mondo rinnovato (papa Francesco), che della Chiesa aggiornano non il dare ma il fare, come i profeti di ieri avevano anticipato e quelli di oggi cercano di attuare. Come ai suoi tempi Geremia aveva pagato di persona la lettura del Verbo, così ci sono profeti che la stessa Chiesa non sempre sa riconoscere se non con un certo ritardo e al prezzo di fatiche per guarire le miopie più o meno gravi di qualche suo figlio buono e bravo, ma un po' retrogrado. È, fra altri, il caso qui registrato.

RAZZISMO PROSSIMALE
Sul medesimo Giornale, in una requisitoria cartacea un po' sopra le righe contro le banche che falliscono senza restituire il dovuto ai clienti, il direttore ha scritto: «Meglio dare soldi alle mignotte che alle banche». Questa offensiva definizione è derivata dall'antica registrazione anagrafica dei trovatelli qualificati "matris ignotae" (di madre ignota), che era abbreviata in "m. ignotae", usato poi come volgare insulto. Non è questa, però, la questione, e neppure l'uso del denaro, quanto l'uso volgare di un soprannome femminile e il disprezzo "razzista" di caste e di mestieri (quello femminile certamente non esemplare) e, al di là di tutto ciò, di persone e di donne, cioè esseri umani "simili a Dio", i quali, anche se poveri di dignità sociale, hanno ugualmente diritto al rispetto e alla "caritas" dovuti al prossimo.
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