sabato 1 agosto 2020
«Ricostruire l'Italia. Con il Sud» è il titolo, o forse l'invocazione, di un bel documento firmato in questi giorni da 29 protagonisti della società meridionale. Da leggere con attenzione: è sempre una buona notizia – non solo per i meridionali ma per gli italiani tutti – quando i fari del dibattito pubblico si riaccendono sulla "questione meridionale". Cosa che sta faticosamente avvenendo, dopo la presentazione (nel febbraio scorso) del "Piano Sud 2020" messo a punto dal Ministro Provenzano. Si tratta di una interessante inversione di tendenza. Se ci fosse uno spot capace di descrivere l'approccio dell'Italia al suo Mezzogiorno negli ultimi 20 anni, infatti, il claim sarebbe: "Basta non guardare". Testa sotto la sabbia delle splendide spiagge meridionali, e il problema è risolto. Ma l'Unione Europea può permettersi di dimenticare più di venti milioni di persone nel cuore del Mediterraneo? Eppure l'incredibile esperimento è stato compiuto, con eguale successo, da tutti i Governi italiani succedutisi dal 2000 a oggi. Non sapendo come risolvere il problema, l'hanno semplicemente dimenticato. La conseguenza, in un Paese nel quale l'agenda è dettata dalla politica e dalla magistratura ma non più dai media, è stata la scomparsa del tema dai radar del pensiero e dell'azione. Niente più inchieste sui giornali, tranne lodevoli eccezioni. Niente programmi Tv. Niente più libri, saggi, analisi, intellighenzia meridionalista.
Oggi il "manifesto sudista" – firmato tra gli altri da Alessandro Laterza, Carmine Donzelli, Carlo Trigilia e Luca Bianchi – individua nel Recovery Fund l'occasione storica per ricostruire il Mezzogiorno. Appare molto convincente il metodo della riflessione. Non più fondata (come troppe volte abbiamo letto) su uno spirito "rivendicativo", come pretesa di equità di trattamento rispetto alle altre aree del Paese, ma su una logica "competitiva": sul piano macro-economico il Sud è infatti la «riserva di crescita dell'Italia, perché dispone delle maggiori quantità di risorse inutilizzare, in particolare umane». Nell'individuare le priorità su cui focalizzare gli investimenti, il documento si concentra sulle reti per la mobilità delle persone e delle merci, sulle infrastrutture sociali come ospedali e scuole (con meno tasse universitarie e più borse di studio) per garantire ai meridionali gli stessi diritti di cittadinanza goduti al Nord e al Centro, sulla valorizzazione dei luoghi per rafforzare l'agricoltura di qualità e il turismo sostenibile.
Meno innovative, forse, le proposte per la ripartenza del sistema imprenditoriale. Dopo gli insuccessi dell'era degli investimenti pubblici centralizzati e di quella più recente degli incentivi e dei sussidi alle imprese (lo strumento preferito, quest'ultimo, dalla cattiva politica e dalla pessima amministrazione pubblica locale), c'è disperato bisogno a mio avviso di una rivoluzione liberale realizzando una "No Tax Area" per il Mezzogiorno. Oggi a livello europeo ci sono (finalmente) le condizioni per realizzarla. Sarebbe un errore fatale non cogliere l'occasione.
www.francescodelzio.it

@FFDelzio
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