venerdì 28 luglio 2017

Alcune canzoni vestono in smoking. Altre, tipo quella che segue, usano tute da lavoro e si compongono di parole d'ogni giorno. «Mio padre arrivò a Milano nell'estate degli anni suoi, è dura scaldarsi col sole quando ti svegli la mattina alle sei… Mia madre era ragazzina, gli disse: "Giura che mi porti via"… Così la vita col miele e col sale, in mezzo a figli da crescere bene e quattro lire da mettere insieme… Mia madre diceva ogni sera a mio padre, ricorda quando mi hai detto: "Un giorno avremo una casa, fra gli ulivi e il mare: la casa del tempo migliore"… Io avevo vent'anni quando mio padre perse il lavoro: il giorno dopo finii di sognare, guardando gli occhi di un uomo buono fissare il cielo senza più parlare… La vita poi è corsa veloce, la puoi chiamare la storia di tanti, della mia gente che vive che sogna e che muore… Ora guardo mio figlio che gioca e sorride, e chiudo gli occhi quando viene sera: in fondo alla strada c'è il volto di un uomo che appare, in questa casa fra gli ulivi e il mare, in questa casa… del tempo migliore».

Le canzoni in smoking, si sa, vanno negli stadi e in hit parade. Ma sono le canzoni in tuta a bussare all'anima. Sarà per questo che Massimo Priviero, cantautore e rocker che certe faccende le ha capite, di canzoni come La casa di mio padre, inno di un'Italia intrisa di sudore e dignità, ne scrive spesso.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI