sabato 25 febbraio 2017
Ogni tanto mi piacerebbe sapere se ciò che scrivo interessa, è utile o semplicemente piace. C'è un silenzio che sembra invalicabile tra chi scrive e chi legge che a volte impone allo scrittore di parlare di se stesso e delle proprie impressioni invece di commentare notizie già conosciute o darne di nuove. Ma questa piccola rubrica è nata per condividere la storia di oggi con coloro che la vivono, la soffrono, la amano, e spero possa regalare anche un soffio di speranza. Quando ci assalgono le notizie negative a grandi lettere sui nostri giornali o ci invadono attraverso la televisione immagini di distruzioni e di sofferenza, cerchiamo nei ricordi, nei libri o in qualche amico l'aiuto al nostro crescere in positività. Aiuteremo, senza rendercene conto, al bene di tutti perché io credo che neppure un pensiero di bontà vada p erduto, ma resti nel respiro del mondo. Altrimenti che valore avrebbe la preghiera che ci viene detto di fare per chi è lontano, per chi non conosceremo mai, per chi muore solo nella povertà? Chi prega oggi per quel popolo variopinto che abbandonata ogni cosa nel proprio paese, muore negli scafi che il mare capovolge e distrugge? Non si può immaginare l'angoscia, il terrore di chi affoga nelle stive di queste barche o la lunga agonia che accompagna la lenta morte nelle onde fredde. Non ricordo di aver sentito nelle nostre chiese chi ci abbia chiesto di avere una preghiera anche per questi uomini e donne che fuggono dalla loro terra. Il Dio di tutti certamente avrà per loro una carezza anche nel fondo del mare. In Amazzonia, anni fa, accompagnai un prete a benedire un piccolo morente nella sua capanna. Fuori in uno spiazzo attorniato dalla foresta, un gruppo di bambini si mise in circolo dandosi la mano. Presero anche me e incominciarono a cantare. Non conoscendo la loro lingua immaginai che accompagnassero l'agonia del loro amico, ma i loro giovani visi erano sereni e quasi sorridenti come se lo aiutassero a raggiungere un mondo pieno di splendore e di gioia. Senza saperlo cantavano alla vita dei cieli ai quali il nostro tempo troppo spesso dimentica di credere per cadere nella depressione e nell'incapacità di accettare e costruire la propria esistenza usando quella che i nostri nonni chiamavano la "santa pazienza". Nell'osservare gli altri si impara sempre qualche cosa nel bene e nel male, importante è regalare serenità e perdonare sempre.
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