venerdì 14 maggio 2004
Era come una chiesa per me./ Entrai con passo leggero,/ trattenni il fiato come avessi il cappello in mano./ Tutto era silenzio./ L'essenza di Dio si lasciava percepire,/ in puri colori che riempivano l'occhio di lacrime,/ nel vento che muoveva l'erba./ Nessuna preghiera fu detta. Ma le pene del cuore/ si acquietarono - era lo stesso un canto di lode" Un uomo, solitario, sta avanzando in una brughiera. Sopra, il cielo spazzato dal vento; sotto i piedi, il verde dell'erba e il ventaglio multicolore dei fiori. E' come varcare la soglia di un tempio, col cappello in mano. Non si pronunciano preghiere, eppure cuore e mente sono essi stessi un canto di lode a quel Dio che lì inabita, misterioso eppur visibile. E' questa la scena che il poeta gallese Ronald Stuart Thomas (1913-2000) dipinge nella lirica che abbiamo citato. La sua spiritualità di uomo di Chiesa gli permette di trasfigurare la realtà e intuire in essa un'eco segreta che proviene dal divino. Abbiamo voluto citare questi versi nei giorni primaverili che stiamo attraversando, proprio per ritrovare la capacità di gustare, almeno per qualche istante, la gioia di vivere, di essere nel mondo, di godere delle sue bellezze. Certo, abbiamo tante cose di cui lamentarci, troppi pericoli ci costringono a badare dove mettiamo i piedi per non inciampare. Ma talora è necessario alzare il capo e contemplare il cielo e la terra, i volti e le presenze, i colori e le armonie. E' solo così che si sperimenta, almeno in un bagliore, che cosa sia la serenità e la pace, come sia possibile accendere nel nostro intimo una scintilla di eternità.
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