domenica 30 giugno 2013
Odis sta spremendo la sua spellata fiasca di cuoio. Niente. Ha lasciato qualche briciola a un uccellino, un niente di becco piumato che vive tra le spine. Alza la testa, un rumore. È la donna di prima, va di corsa. Torna dalla collina dei sepolcri. Perché corre? Cosa le è successo? Si alza, fa un passo in avanti per parlarle. Ma quella non si ferma, prosegue senza guardarlo. Occhi che piangono o forse ridono, lui non capisce bene.Rimane un attimo immobile, lì in piedi, sulla strada deserta, perplesso, mentre il cielo si sta alzando intorno a lui. Pensa: «Dev'esser successo qualcosa là alle tombe… Sta a vedere che il suo Nazareno si è alzato dai morti…». E quasi ride da solo, tossendo. «Ah vecchio Ez-echiel, dannato profeta che urlavi ai sassi, allora avevi ragione…». Ha una smorfia. «Ci vorrebbe proprio un goccio adesso…». Poi si risiede, la schiena alla porta della casa. Lui che casa non ha. Guarda il cielo ormai aperto dall'alba, i muri su cui sale piano la luce, la strada che si perde, le finestre chiuse, e certi strani disegni lasciati sul muro da chissà chi per amore o rabbia. «Chissà dov'è andato… Cosa mi tocca vedere…» dice tra sé, mentre sul viso senza età si taglia una specie di smorfia. «E sono pure sobrio». L'uccellino becchetta una briciola ancora, vola via.
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