mercoledì 14 settembre 2016
Yan Sil Lee, scultrice, la incontro spesso a Milano nel luogo di culto dove si approssimano cattolici, valdesi e presbiteriani, alla cui comunità lei appartiene. Fugge dalla Corea del Nord, bambina piccolissima, con la famiglia e il fratellino in fasce, che diventerà l'astronomo scopritore dell'omonima ultima stella nella costellazione di Cassiopea. Viaggiano nascosti, a loro rischio e pericolo, sul tetto di una carrozza ferroviaria. La sua vita si svolgerà a Seul, dove si laureerà in scultura. Giunta in Italia, sarà allieva di Pericle Fazzini all'Accademia di Roma, e si perfezionerà anche presso i corsi della Zecca di Stato. Il suo lavoro intreccia il dinamismo ambrosiano alla elegante pazienza orientale, la laboriosità lombarda con quella della Corea. Non vedo altri scultori che rappresentino così adeguatamente la nostra complessità. Le sue metropoli/continenti/mondo configurano pienamente l'accatastamento di popoli e oggetti che noi siamo. Ci troviamo in un Realismo Terminale per una nuova risorgività. Il mucchio diviene grazia. L'assembramento si manifesta in una coreografica coesione. Le sue sono aspre e garbate metafore di una visibile speranza di mondo. Quella di Yan Sil Lee è come la presenza epifanica di unfantastico quarto Re Magio orientale per la bellezza della scultura d'occidente.
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