martedì 24 dicembre 2013
Potenza del calciolinguaggio: il premier Letta annuncia orgoglioso che mangerà il panettone come un Allegri qualsiasi (al quale, da tifoso del Milan, ha anche consigliato l'acquisto di Cerci, mica male). Non appagato da un risultato fino a ieri negatogli da tutte le gazzette politiche, si sbilancia a dirsi certo di restare sulla panchina di Palazzo Chigi anche nel 2015, sostenuto da certezze incrollabili che gli verrebbero suggerite da un Matteo Renzi al settimo cielo per il gol segnato sotto i suoi occhi a Sassuolo da Pepito Rossi.Impotenza del calcio giocato, che da suggeritore del mondo politico è diventato più insicuro e variabile di quello, finendo travolto dalla follia dei suoi presidenti - già mecenati, oggi rottamatori - che Giulio Onesti definiva, caustico, «ricchi scemi» e Artemio Franchi, più diplomatico, diceva afflitti da cupio dissolvi. Allegri è entrato a San Siro per il derby Inter-Milan, l'altra sera, sicuro che non ne avrebbe giocato un altro, visto che Berlusconi ha già scelto Clarence Seedorf, il calciatore intellettuale con un curriculum da Foreign Office che ne consiglierebbe piuttosto l'impiego al vertice di Mediaset International. Allegri è colpevole di essere un aziendalista - uno dei tanti “obbedisco” altrove apprezzatissimi dal Cavaliere - che si è lasciato demolire la squadra con la cessione di Ibrahimovic e soprattutto di Thiago Silva, il miglior difensore del mondo mai sostituito dal pur intraprendente Galliani; e adesso che la difesa rossonera è diventata un colabrodo, la colpa è di quel tecnico livornese che a fine stagione porterà in tasca, in fronte - e nel cuore - la mitica bandana antiCav ostentata dai tifosi labronici. Nel frattempo, Stefano Pioli, già con l'acqua alla gola a sua volta per eccesso di presunzione e aziendalismo (s'è lasciato distruggere la squadra senza reagire), ha guidato il Bologna nella “partita della vita” contro il Genoa avvertito dalla società e dai media che la sua panchina era stata offerta a Malesani, Cosmi, Ballardini, Reja, Di Carlo e a un'altra mezza dozzina di tecnici disoccupati; e infine a Roberto Baggio, mito locale e internazionale che stava per firmare il contratto quando Alino Diamanti, sostenuto dal popolo rossoblù fedele a Pioli, ha segnato il gol della cosiddetta Vittoria di Natale. Dopo l'Epifania (Catania-Bologna) si vedrà. Vorrei dire anche del professor Petkovic, da mesi lotitizzato fino a perdere la tramontana, ma temo che sulla sua panca sia già seduto un Simone Inzaghi noto idolo della tifoseria laziale che non ha mai apprezzato il lavoro di un tecnico serio come Edy Reja, vincitore di tutti i derby capitolini. Ecco, dunque, il problema della incalzante rottamazione, cominciata quando la Juve ha deciso di sostituire Ranieri con Ferrara. Il successo del gran navigatore Antonio Conte e dell'ottimo Montella ha convinto certi signori del calcio che fosse giunta l'ora di affidare le panchine ai calciatori appena pensionati: sorvolo sul devastante passaggio di Costacurta a Mantova, vado all'attualità del Gattuso a Palermo, del Liverani a Genova e di tanti altri pedatori che raramente hanno portato sulla panca le qualità espresse sul campo. Ho sentito alla Domenica Sportiva Cambiasso dar lezione ai giornalisti, compiacendosi dell'invito a parlare di calcio e non di gossip, e mi son detto che troverà presto un presidente pronto ad affidargli una squadra. Vista l'aria che tira con i neofiti da panchina, suggerirei di affidargli un ruolo da opinionista in tivù dove già sono numerosi i suoi colleghi e dove, oltretutto, l'Italiano, la grammatica e la sintassi sono optional.
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