giovedì 28 giugno 2012
Di passaggio in Italia il Dalai Lama ha suscitato entusiasmi in pagine da sempre diffidenti della religione. Così su "Repubblica" (12/6: «Dalai Lama. Dall'etica all'educazione, breve guida alla felicità») intera p. 35 incantata per presentare un suo libro con crescendo di "rivelazioni": «Empatia e conoscenza», «Le due dimensioni della spiritualità… Essere aperti all'amicizia… Pazienza e tolleranza… Compassione verso gli altri… Cooperazione e altruismo… Arte della meditazione» ecc. Poi ampio brano a firma dell'illustre Autore che raccomanda «gentilezza, compassione, perdono, pazienza e integrità personale». Tutte cose che un buon cristiano, un buon cattolico, non può che apprezzare e condividere fin dalle radici. E infatti nel brano il Dalai Lama spiega che per lui e per la civiltà indiana "laicità" non è assolutamente antitesi della religione. Per lui e in India, ma da noi tutto diverso, e infatti il titolo dato al testo in redazione è «L'importanza di essere laici», con lampante presa di distanza dalla religione. Il rischio evidente è che certi apprezzamenti del Dalai Lama siano solo conseguenza del rifiuto dell'"altra" religione. La conferma, dopo 5 giorni, viene dall'intera prima pagina entusiasta del "Domenicale" del "Sole 24Ore" - 17/6: «Compassione, un'etica oltre le religioni» - in cui per Giuliano Boccali e Chiara Bellini è forte la fiducia che «la morale del Dalai Lama» serva «per ritemprare lo spirito logorato del nostro tempo»: «non un sistema di regole, ma principio di autocontrollo interiore». Concludendo il suo brano Boccali però paragona la «pacata, sorridente, inimitabile serenità» di «sua Santità il Dalai Lama» alla visione globale dell'etica di Hans Küng. Pacato? Sorridente? Inimitabilmente sereno Küng? Certi entusiasmi "laici" all'italiana talora debordano...
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