domenica 13 gennaio 2008
Se l'aborto è solo l'esito di una situazione conflittuale tra uomo e donna, si capisce che le proposte di revisione della 194 e di una moratoria sull'aborto siano respinte da chi con queste motivazioni rivendica un "diritto". C'è di mezzo il «potere sulla vita», che nasce dalla «sapienza femminile», e dal conseguente «conflitto antico e ritornante, nient'affatto sacro e tutto mondano, nel quale alcuni uomini si alleano al Dio creatore per alimentare il proprio desiderio di onnipotenza» (Ida Dominijanni, il Manifesto, martedì 8). Lo conferma Mariella Gramaglia su Il Riformista (mercoledì 9): «La ragione per cui [la questione dell'aborto] sta nell'agenda politica è che la signoria dell'immaginario collettivo e dei canali attraverso cui si struttura è saldamente nelle mani degli uomini». E lo ribadisce l'Unità: le ipotesi di questi giorni sono «partorite» dagli uomini. Da qui derivano le applicazioni tecniche di un femminismo arrabbiato, con cui molti uomini vanno a sterili nozze: «La pena di morte è decisa dallo Stato sul corpo di un cittadino. L'aborto è deciso dalla donna sul proprio corpo» (Luigi Ferrajoli su Liberazione, martedì 8). «Il paragone fra l'aborto e la pena di morte è osceno» (Ida Dominijanni): certo, è un paragone tra un innocente e un colpevole. La riduzione degli aborti è solo una questione di «educazione sessuale», che dovrebbe «diventare, a partire dai tredici anni, una delle principali materie del programma scolastico» con annessa «distribuzione gratuita dei contraccettivi» (Sergio Romano, Corriere della sera, giovedì 10). E l'amore responsabile tra l'uomo e la donna? E la creatura che ne nascerà? E la simbiosi tra madre e figlio? E l'uomo come persona? E il valore incommensurabile di ogni individuo umano? Tutti temi per un altro pianeta (senza femministi)

"LAICI" DOGMATICI
«Laici prigionieri del dogma sull'aborto». Per una volta sono d'accordo con Libero, che con questo titolo commenta (giovedì 10) la maniacale difesa dell'aborto che viene da quella parte. Scrive Lietta Tornabuoni su La Stampa (stesso giorno): «È accaduto qualcosa in quasi trent'anni (di legge 194)? Terremoti sociali, riduzione drastica delle nascite e popolazione assottigliata, moltiplicazione delle interruzioni di gravidanza, donne malate o impazzite? Non è accaduta nulla del genere, nulla di nulla». Giusto: che volete che siano quasi cinque milioni di bambini abortiti legalmente, più gli altri, innumerevoli, che sfuggono alle statistiche? «C'è qualche bisogno di rivedere la legge? Nessun bisogno». Di Carlo Flamigni dirò tra poco. Corrado Augias (La Repubblica, martedì 8) scrive della «incauta offensiva vaticana». Su Liberazione (martedì 8) il citato Ferrajoli, che insegna teoria generale del diritto a Camerino, definisce «immorale e fanatico paragonare l'aborto alla pena di morte» e sostiene che opporsi alla 194 equivale alla «fine della civiltà giuridica moderna». Meno male che i miei studi giuridici li ho fatti a Roma.

DIZIONARIO LAICISTA
- Cattolici della curva nord: Sono «quelli che si distinguono sempre per aggressività violenta e maleducazione, oltre, naturalmente, per la volgarità delle motivazioni che li ispirano» (come, per esempio, salvare dalla morte qualche bambino in embrione). Carlo Flamigni, l'Unità, giovedì 10.
- Aborto: «Un imballaggio destinato, se mai, a inquinare il paesaggio come gli imballaggi che assediano la periferia di Napoli». Furio Colombo, fondo dell'Unità, domenica 6.
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