sabato 9 novembre 2013
Oggi è il giorno del mio onomastico: ignoto a tutti e, a lungo, quasi ignoto a me. A casa, quella di mio padre e poi quella mia, è sempre passato sotto silenzio. Era mia nonna che se lo ricordava; e me lo ricordava, con qualche piccolo festeggiamento: la mia nonna dai bei lineamenti di antica romana e dal corpo singolarmente appesantito. Ma sui calendari, accanto al 9 novembre, non si legge nulla che corrisponda al mio nome. Che è quello del mio nonno paterno: morto, assai precocemente, otto anni prima della mia nascita. Il suo santo (che era poi Gesù Redentore) in famiglia veniva celebrato nella giornata di oggi: immagino anche con qualcuna delle famose zuppe inglesi della nonna, maestra di cucina e d'ordine domestico. Divenuta vedova, non usciva più di casa: ma aveva continuato a onorare ogni onomastico del marito mandandogli i fiori sulla tomba. Che questo onomastico, del nonno e mio, sia una specie di fantasma non mi è sgradito: mi pare anzi coerente a un'identità in cui mi riconosco. Proprio per la sua incertezza e ambiguità a me sembra l'unica davvero umana. O l'unica che a me spetta. Un poeta dimenticato diceva: «Non sono dove mi credete / Né dalla parte opposta». Intanto oggi mi raccomando particolarmente al mio Santo: che abbia misericordia anche di questi miei pasticci.
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