venerdì 27 marzo 2015
Quando Mario Soldati prima e Luigi Veronelli dopo hanno iniziato a raccontare l'Italia dei paesi, non si parlava di varietà di prodotti, di cultivar, di cru. C'era da scoprire l'Italia, palmo a palmo. E man mano che la si scopriva, potenza della televisione, si imparava anche la lingua che ci univa, giacché il nostro era un Paese di dialetti. Oggi si parla di biodiversità. E c'è anche la biodiversità dialettale, che purtroppo va scomparendo. Sarà rappresentata dentro l'Expo? Certamente no, ma la verità è che bisognerebbe iniziare a concepire l'Expo come un allestimento di fatto, cosa che sono appunto i nostri territori, custodi di quelle biodiversità ambientali, colturali e culturali che non hanno esempi analoghi nel mondo. È tardi? Siamo ottimisti: no! Domani a Firenze si tiene un secondo ampio consesso sull'Expo, dopo quello di Milano del 7 febbraio. E aprirà i lavori il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Ecco, la speranza è che questo secondo appuntamento dia la fiducia ai territori, ai paesi, alle comunità, dicendo che l'Expo sono loro. E lo spettacolo è proprio l'esperienza in atto di Nutrire il Pianeta che viene vissuta nella consuetudine delle nostre comunità. Sto parlando di una cosa fantastica, che i tanti colleghi stranieri incontrati a Vinitaly in questi giorni mi hanno confermato: c'è fame della nostra storia, delle consuetudini alimentari degli italiani. Vogliamo nutrirla allora questa curiosità, facendo vivere un'esperienza? Da questo punto di vista non siamo in ritardo, perché si tratta di girare la chiave e aprire la porta del proprio luogo, a patto che un paese abbia la coscienza comune di cosa voglia dire accogliere e comunicare. Reduci dalla fiera di Verona, questa convinzione è stata ancora una volta confermata. Ci sono i giovani che continuano ad aprire piccoli birrifici e vogliono segnare il rapporto col territorio, ma ugualmente ci sono i piccoli pastifici che hanno scelto grani antichi (cito la varietà saragolla su tutte) per rilanciare le proprietà organolettiche e salutistiche di una produzione originale. Insomma, c'è un fermento di proposte, c'è un impasto di storie che hanno attraversato generazioni, che vanno esattamente nella direzione di Nutrire e dare energia. Questa è la vitalità che potremmo vedere accendersi in tutta Italia. Del resto l'appuntamento di Firenze di domani, che avrà le medesime ripercussioni mediatiche di quello di Milano, credo sia fatto proprio per questo: accendere una coscienza e parlare di quelle che in fondo sono le potenze del nostro Paese. Il pensatoio del Padiglione Italia ne ha individuate quattro e una di queste è addirittura originata dal limite. Che è un po', a ben pensarci, la nostra storia: ogni crisi diventa impensabile opportunità. Dunque l'Expo, per restare in tema, cade proprio a fagiolo.
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