sabato 29 settembre 2018
È un quesito antico e largamente irrisolto, almeno in Italia. Quanto vale l'istruzione? E quanto conta per affermarsi? La questione non può essere affrontata soltanto in termini monetari, naturalmente. Perché nonostante calciatori e veline siano diventati da tempo gli indiscussi modelli di riferimento di intere generazioni di ragazzi, alla solidità culturale viene riconosciuta ancora oggi un'autorevolezza e uno status sociale di livello superiore. Dal professore all'intellettuale – nei limiti in cui queste definizioni abbiano ancora senso nell'era del pensiero orizzontale e della fluidità social – il professionista del sapere ha ancora la possibilità di ritagliarsi un ruolo di primo piano nella piramide sociale.
Anche sul piano economico, in realtà, studiare di più sembra generare maggiori e migliori opportunità occupazionali. Lo hanno di recente dimostrato – sulla base dell'indagine biennale della Banca d'Italia sui bilanci delle famiglie italiane – Daniele Checchi e Maria De Paola su lavoce.info: il possesso del diploma di terza media è associato a un reddito medio complessivo superiore del 50% rispetto a quello percepito da chi è senza alcun titolo di studio, mentre il possesso di un diploma di maturità è associato ad una differenza media di reddito del 100%. Allo stesso modo, chi è in possesso di una laurea ha un reddito medio superiore a chi non l'ha conseguita. Ma qui purtroppo inizia "l'anomalia italiana", che si può sintetizzare in due fenomeni. Primo: i laureati italiani hanno un premio salariale del 41% rispetto ai diplomati, un valore elevato ma inferiore al 56% della media Ocse. Secondo: in Italia chi possiede un titolo di studio post laurea, a differenza degli altri Paesi avanzati, non gode di un rendimento aggiuntivo rispetto ai laureati.
La conclusione è semplice: in Italia l'istruzione rende, sia sul piano sociale che su quello economico. Ma meno rispetto agli altri Paesi avanzati, perché nel nostro Paese esiste un "tetto": il mercato del lavoro italiano premia la qualità della formazione solo fino ad un certo livello, mentre è sostanzialmente incapace di assorbire i livelli più elevati di qualificazione e di riconoscerne il valore. La "fuga dei cervelli", almeno in parte, nasce proprio da qui.
www.francescodelzio.it
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: