L’insuperato Pasolini che a Marx opponeva la «forza del passato»
venerdì 19 dicembre 2014
​In una collana Jaca Book diretta da Serge Latouche e dedicata ai “Precursori della decrescita” è uscito ora il saggio Pasolini. L’insensata modernità di Piero Bevilacqua (pagine 64, euro 9). Pasolini è stato senza dubbio, soprattutto nei suoi ultimi articoli raccolti in Scritti corsari e Lettere luterane, uno dei più provocatori e coerenti critici della modernità. In questo, come è stato detto a volte in passato e come Bevilacqua sostiene anche oggi, Pasolini, con pochi altri (fra tutti Ivan Illich), è stato preceduto da una lunga tradizione. Desta meraviglia che tanti intellettuali italiani, quasi tutti, si siano scandalizzati all’inizio degli anni Settanta della critica antimoderna di Pasolini, fino a reagire sprezzantemente e saccentemente. Vanno tuttavia considerate due circostanze. La prima è che la cultura italiana, nelle sue più diverse tendenze, ha considerato l’ottimismo progressista e lo sviluppo economico acquisizioni indiscutibilmente positive. Tutti i mali italiani venivano per lo più attribuiti a una non meglio definita e generica “arretratezza”. Di fronte al dogma del progresso la nostra cultura si è dimostrata disarmata e perfino incolta. In tutti i Paesi occidentali la modernità è stata accompagnata da una critica culturale antimoderna. Non solo Leopardi, anche Dickens, Thoreau, Baudelaire e Tolstoj sono stati antimoderni. La seconda circostanza è che negli anni in cui Pasolini scrisse contro l’omologazione sociale italiana e mondiale, contro l’accentramento culturale egemonizzato dalla nuova, universale Classe Media tecnocratica e votata ai consumi, l’intellettualità italiana era o voleva essere a tutti i costi marxista. E Marx aveva immaginato il comunismo come liberazione e ulteriore sviluppo delle forze produttive, come incremento sia della produzione che del consumo. Pasolini viceversa si presentava orgogliosamente, drammaticamente come «una forza del passato». Purtroppo ancora oggi Pasolini non è superato. Non si riesce a immaginare il benessere sociale che in termini di sviluppo quantitativo. Del passato umano ci si vuole sempre più liberare per sentirsi comodamente e illimitatamente liberi: senza vedere gli abusi e le nuovissime schiavitù dovute a quelle che un tempo venivano riconosciute come “false libertà”.
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