mercoledì 28 maggio 2014
Freschi di elezioni europee, ecco un saggio bifronte più utile dei pur importanti commenti elettorali: s'intitola Europa perduta?, ed è scritto da Giuliano Amato ed Ernesto Galli della Loggia, per la collana BiancoNero del Mulino (pp. 136, euro 12).Bifronte perché si tratta di due analisi divergenti, svolte separatamente dai due autori, con un confortante sfoggio d'intelligenza. Giuliano Amato, giudice costituzionale con una lunga carriera di militante socialista, ministro e primo ministro, parte pragmaticamente dall'esistente, rileva i pregi (pochi) e i difetti (molti) dell'Europa attuale e suggerisce qualche soluzione migliorativa. La metafora di Amato è: siamo in un collo di bottiglia; ne usciamo all'indietro o in avanti? All'indietro sarebbe uscire dall'euro, ma i guai di tornare alle monete nazionali sarebbero superiori ai benefici che qualcuno ipotizza di poterne ricavare. In avanti, per qualcun altro, la soluzione era parsa l'emissione di eurobond, cioè di titoli emessi da una sede europea a fronte dei debiti nazionali, con la garanzia di tutti gli Stati dell'eurozona. Ma le reazioni allergiche non solo della Germania alla garanzia comune, ha fatto tramontare l'idea. Altre soluzioni tecniche, quali l'unione bancaria, la capacità fiscale europea, l'elezione circa diretta di questo o di quello, «si misurano non solo con la loro idoneità, razionalmente valutata, a ottenere risultati auspicabili, ma anche con sentimenti collettivi, speranze, timori e attese, su cui bisogna aver lavorato perché la razionalità riesca a essere condivisa», perché il coraggio dei leader politici, pur necessario, non basta per realizzare la svolta che il diffuso disamore per l'Europa richiede con urgenza.La disanima politologica di Galli della Loggia è di altissimo livello e di grande fascino. Egli formula le domande di fondo alle quali bisognerebbe finalmente dare risposta: quali sono i confini d'Europa? Verso quale forma istituzionale deve andare l'Europa? Verso una confederazione di Stati sovrani, pur coordinati in istituzioni comuni, oppure verso uno Stato federale di tipo statunitense, con unica sovranità internazionale a investitura popolare?Già l'eurozona è un sottoinsieme di Stati all'interno di un'Europa che dovrebbe essere unitaria, e la crescente insofferenza verso l'euro nasce dall'evidenza che non basta una moneta comune per equilibrare le disparità fra Stati che hanno diverse situazioni sociali e diverse politiche economiche, fiscali eccetera. Di fatto, le decisioni importanti non sono prese dalle istituzioni comunitarie, ma dai singoli Stati, in particolare dalla Germania e dalla Francia, che talvolta intervengono anche militarmente e hanno un armamento nucleare che non intendono, comprensibilmente, mettere a disposizione di organismi comunitari europei. Con nettezza Galli sostiene che l'assenza di una politica estera europea va fatta risalire al fallimento della Ced (Comunità europea di difesa) il cui progetto fu bocciato dal Parlamento francese nel 1954. Senza un esercito comune non può esserci politica estera comune, con buona pace degli europeisti che predicano il disarmo col sottinteso che, in caso di bisogno, ci sono pur sempre gli Stati Uniti. Questa incompleta rassegna dà solo un'idea della complessità e dell'interesse delle questioni in gioco e vuol essere semplicemente un invito alla lettura dei due saggi discordi, sotto un'unica copertina. Del resto, che cosa c'è di più europeo che non trovarsi d'accordo sull'idea di Europa?
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