martedì 13 aprile 2004
Esitare va benissimo, purché poi tu faccia quello che devi fare.Il cammino verso l'opera d'arte passa attraverso il deserto della solitudine.Due voci molto diverse tra loro per darci un insegnamento che può incrociarsi attorno allo stesso tema. Il primo a parlare è il drammaturgo tedesco Bertolt Brecht (1898-1956) e la sua lezione riguarda l'esitazione, un'attitudine che ha due profili antitetici: ci sono, infatti, le vittime dell'esitazione, ossia coloro che non si decidono mai e perdono le occasioni della vita; ma ci sono anche i carnefici di ogni esitazione, cioè quelli che si gettano senza riflessione in ogni situazione con una frenesia devastante. E' facile dichiarare che la via di mezzo è la migliore, più difficile è calibrare nella concretezza della vita la giusta ponderazione e l'intervento attivo.Come dice la seconda testimonianza, che è del grande poeta austriaco Rainer M. Rilke (1875-1926) è necessario avere uno spazio di solitudine prima di cominciare a operare. Certo, la solitudine è deserto ed è spontaneo volerne uscire e lasciarsi attrarre dai colori e dalle voci del mondo. Ma questo gettarsi nel fare, nel parlare, nell'agitarsi alla fine risulta dispersivo. E', dunque, indispensabile l'ascesi della solitudine che è il parallelo dell'esitazione. Ma guai a rimanere sempre in quel deserto, l'isolamento alla fine è inerzia e morte. Passa, dunque, nel deserto, rifletti ed esita, attendi e giudica, ma poi entra nella città della vita per agire e dire, per creare e aiutare, per colmare di opere i giorni dell'esistenza.
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