giovedì 15 luglio 2004
Non dire di conoscere a fondo un'altra persona, finché non hai dovuto dividere con lei l'eredità. Un giorno si presentò davanti a Gesù un uomo e gli disse: «Maestro, di' a mio fratello che divida con me l'eredità!». Cristo gli replicò: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore tra voi?». E si mise a raccontare la parabola del ricco fanatico, travolto dalla cupidigia e, in realtà, dalla morte (Luca 12, 11-21). Viene spontaneo associare questa pagina evangelica all'«Aforisma sull'uomo« (questo è appunto il titolo dell'opera da cui è desunto) che ci ha sopra proposto il filosofo svizzero Johann Kaspar Lavater (1741-1801), amico di Goethe, dotato di una vena di spiritualità quasi mistica. La sua affermazione è, purtroppo, sacrosanta: quante volte è capitato di imbatterci in fratelli che si odiano per un'eredità mal divisa o almeno contesa? A me è accaduto persino di verificare l'assenza di un figlio al funerale della madre, proprio perché egli si riteneva vittima di un'ingiustizia nelle questioni ereditarie! L'avidità per le ricchezze, l'attaccamento alle cose, l'avarizia possono condurre a livelli di abiezione insospettabili. E' per questo che talvolta lasciare un'eredità è come trasmettere una maledizione. Bisogna, allora, ritornare ad ascoltare quelle parole di Cristo: «Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignuola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano. Accumulatevi, invece, tesori in cielo"Perché là dov'è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore!» (Matteo 6, 19-21).
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