mercoledì 7 gennaio 2015
Non è sfuggito a Le Monde Diplomatique il nuovo libro di Luigi Ferrari, Alle fonti del Kafkiano (casa editrice Vicolo del Pavone, pp. 312, euro 21): in quella sede Jeremy Mercier ne ha colto l'importanza innovativa per comprendere la dissoluzione dei componenti relazionali nella società odierna.Luigi Ferrari insegna psicologia economica e del lavoro nell'Università di Milano-Bicocca, ed è autore, presso lo stesso editore, delle oltre mille pagine dell'Ascesa dell'individualismo economico (2010), a cui il nuovo testo si ricollega.La domanda è: come mai, proprio agli albori del trionfo dell'individualismo economico, spunta un autore, Franz Kafka, che denuncia l'insignificanza dell'individuo, schiacciato dall'organizzazione? Ferrari conosce in profondità tutta l'opera di Kafka ma non vuol essere un critico letterario: eppure, nel mostrare gli apporti dello scrittore boemo alla psicologia sociale, offre originali spunti metodologici anche alla critica letteraria, ed è questo un aspetto di non minore interesse.Talvolta si afferma che un autore X «ha innovato con la forza del suo testo la letteratura (le scienze umane ecc. ecc.) e, attraverso queste nuove idee, la società». È un ragionamento di derivazione idealistica che Ferrari considera errato: «X non ha innovato nulla della società», egli sostiene, «piuttosto è stato "scelto" dalla società per esprimere un cambiamento che era già presente, ma che doveva essere rivelato». La riprova viene dalla «riscoperta, dopo magari molto tempo, di un innovatore a suo tempo irriso o semplicemente negletto. Lo stesso messaggio che in precedenza era stato rifiutato, in seguito viene "riconosciuto"». Viene cioè riconosciuta l'adattabilità di quella narrazione alle esigenze sociali del momento.Ancora: la riscoperta di un autore del passato può venire interpretata in modi diversi o addirittura opposti, rispetto alle intenzioni dell'"innovatore". Ferrari fa il caso del Robinson Crusoe di Daniel Defoe (1719) che è all'origine dell'individualismo razionalista borghese, mentre oggi è considerato un libro di avventure per bambini.La "riscoperta" di Kafka avvalora le intuizioni di Ferrari. Kafka (1883-1924) pubblicò in vita soltanto alcuni racconti; il corpus della sua opera è postumo per la felice disobbedienza dell'amico Max Brod che non eseguì l'ordine di distruggere i manoscritti che lo scrittore gli aveva affidato. Anche la celeberrima Lettera al padre, che Kafka scrisse nel 1919, fu pubblicata nel 1952.A conferma che le profezie si riconoscono solo dopo che si sono realizzate, Kafka antevide lo stritolamento dell'individuo in una società strutturata dalle leggi dell'edonismo economico che può assumere, come è accaduto in passato, forme totalitarie, ma che oggi appare propriamente e kafkianamente frammentata, sempre a danno della persona, soprattutto quando, come accadde al Gregorio Samsa trasformato in orrendo scarafaggio nella Metamorfosi di Kafka, la persona viene emarginata dal processo produttivo.Giorgio Galli, sempre più esoterico, nella Prefazione considera le strutture sociali plasmate da "un'energia oscura" analoga alla "materia oscura" di cui parlano i fisici: il che sembra la pretesa di spiegare un mistero con un altro mistero. Preferiamo attenerci al mistero primario che Ferrari analizza così bene, e cioè alla storia come prodotto dell'intreccio fra la libertà degli uomini e i condizionamenti che essi subiscono, non solo inconsapevolmente, dalle idee e dalle forze che altri uomini mettono in circolazione. Senza dimenticare che se Dio è il signore della storia, in essa lavora per bene anche il demonio, oscuro ma pur sempre riconoscibile.
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