sabato 19 novembre 2016
Bruno T., lettore paziente (scrive che mi legge sempre) mi chiede cosa pensare di uno sfogo di Vittorio Sgarbi su “Terremoto & Arte” (“Panorama”, 9/11, pp. 14-16) ove leggi che «Piangere o pregare oggi appare inutile» perché «Dio (…) è lontano, o forse non c'è, se non dentro di noi», oppure «esiste (ma è) un Dio crudele, un Dio che punisce, ma solo per chi crede», e nei fatti «la Chiesa lo evoca nella sua crudeltà (…) nel suo chiedere all'uomo di pentirsi, di chiedere perdono a Dio». Seguono altri spropositi, con la citazione di uno «scrittore» che «sfida Dio nella sua nullità, nella sua inesistenza», e via così. Bruno T. lo trova «disgustoso, se non blasfemo». Che dire? Caro Bruno, ognuno di noi va preso come è. Vittorio Sgarbi – a parte lo stile eccitato e gli eccessi talora “sgarbati” – quando parla o scrive di arte manifesta la sua competenza indiscutibile, talora ricreatrice di significati e valori spesso dimenticati e quindi anche la sua credibilità, ma quando tocca temi religiosi come tali rivela evidente carenza di conoscenza ragionevole e approfondita di ciò che è la fede ebraico-cristiana. Il Dio rivelato nella prima Alleanza, e soprattutto rivelato e donato in Gesù, suo Figlio e nostro fratello e Salvatore, non serve ad evitare i terremoti e i loro danni, ma offre alla nostra libertà il modo di dare senso ultimo alla vita e alla morte, nell'amore e nel servizio alla sua “vera immagine”, che è l'uomo, ogni uomo che incontriamo sulle nostre strade, anche terremotate. Non è uno strumento di cui servirsi, il Dio donato in Gesù, ma il dono che rivela e offre il senso ultimo di tutto, nel tempo e al di là del tempo, fino alla vita eterna... È compito nostro, come Chiesa in cammino con ogni uomo e ogni donna sulla faccia della terra – scossa o meno anche dai terremoti – di annunciare questa speranza di vita autentica e totale.
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