giovedì 9 marzo 2017
Sono assolutamente convinto che l'arte non deve giustificarsi. L'arte è meravigliosamente inutile, non funzionale, diretta dichiarazione di esistenza che più si libera da ogni categoria produttiva più si avvicina al mistero. Nessuna concessione. La libertà possibile non ha alcun tipo di finalità. È in se stessa, come la dignità. E quindi non è accessibile nel suo nucleo attraverso metodo, didattica, progetto, programmi.
Non è neanche possibile decidere i tempi in cui ti intercetta, perché è un'ascesi istantanea che inaspettata come arriva, così se ne va. Dono che non si può richiedere, dono che non si può gestire.
Detto questo mi sono trovato tempo fa a una riunione di esperti in cui si discuteva, con varie sensibilità, della relazione tra arte e sacro, arte nelle chiese e arte per le chiese. Uno dei partecipanti ha avanzato una obiezione. L'arte deve essere più popolare, l'arte deve parlare alla gente. Ho visto alcune espressioni stracciarsi le vesti, per fortuna in senso figurato. Anch'io ho provato una forte perplessità iniziale. Il mistero non può essere comprensibile, il mistero non seduce perché lo capisci, seduce perché te ne innamori. Con una razionalità tutta sua, chiave di volta di un universo differente. Ma quella obiezione, forse formulata in modo un po' semplificato, portava in sé un interrogativo che mi ha stimolato a riflettere. Qualcosa che non torna nella divisione rigida tra basso e alto, materie minori e materie maggiori, distante dalla carne, dal corpo. Non esiste questa distinzione. Esiste un unicum senza soluzione di continuità. Alto e basso sono categorie inventate per costruire una barricata di sdegno intellettual-chic, disastrose in particolare dove arte e sacro si fondono. Ancor più dove arte e liturgico dovrebbero intersecarsi.
Ho realizzato improvvisamente che anche la rigida distinzione tra popolare come lo intendeva l'intervenuto e aulico come lo intendevano altri e in parte io stesso, è una invenzione artificiosa.
La vicinanza al mistero non si gioca sul piano di una metodica cerebrale dello spirito, ma sulla intensità, sulla carnalità, sulla tangibilità. Ecco la dimensione autentica della popolarità. I Vangeli, nella cultura cristiana, sono estremamente popolari, eppure sono estremamente misteriosi, forse tra i testi più sottoposti a interpretazione della storia. E questo indipendentemente dalle varie fedi. La lingua dei Vangeli è molto concreta, semplice, vicina al popolo, vicina alla evidenza del quotidiano. Eppure è costantemente mistero.
Il profondo fraintendimento è che la conoscenza altra del mistero avvenga attraverso forme inusuali, le geometrie, le luci, i materiali strani e così via. Definizioni diventate talmente didascaliche da aver superato in banalità i predecessori figurativi.
Una delle tendenze è identificare il mistero con complessi esercizi di design tecnologico. Un alfabeto che in realtà appartiene più a Matrix, datato anni 90, in una prospettiva certamente non di ricerca spirituale ma di puro spettacolo. Alfabeto datato, in termini di coscienza, in termini di conoscenza disponibile nella contemporaneità.
Non intendo certamente legittimare approcci figurativi infantilistici, o scopiazzamenti del passato o delle accademie. Ma certamente quelli alla Matrix, o una astrazione divenuta ormai maniera da arredo, hanno un livello di semplificazione sovrapponibile.
Non è vero che una proiezione di luce è più misteriosa di una mela. Perchè la mela è evidente, la luce enigmatica. Non è vero in assoluto. Argomento banale e antistorico. Definizione di evidenza
ingenua e superficiale. Eppure c'è chi li sostiene con forza, nell'allucinazione di una pretesa contemporaneità. Dire che una mela, per riprendere l'esempio, è evidente, è manifestazione di mancanza di scienza, di immaginazione e anche di fede. L'evidenza è l'enigma più impenetrabile in cui il mistero mostra la sua imprendibilità. Quella mela sembra negarlo con la sua apparenza corposa, in contraddizione con ogni luogo comune sulla trascendenza. Invece la vera prova della passione del mistero, la conferma della sua seduzione, sta proprio in una totale immersione nella somma ambiguità dell'evidenza. Ora mi è chiara la dimensione di popolare reclamata dal nostro amico. La chiamerei urgenza di genuino, di vivo, pulsante. Che i tanti adepti dello sguardo perso nella luce di una lampadina led hanno smesso da tempo di trasmettere.
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