sabato 1 giugno 2019
Complice la campagna elettorale per le europee, nell'ultimo mese abbiamo assistito al felice ritorno della "questione famiglia" nell'agenda politica italiana. Purtroppo nulla di definito e di definitivo, ma un sorprendente new deal di (bozze di) decreti, di proposte e dibattiti sul tema. Con una certezza contabile, sancita dal ministero dell'Economia e delle Finanze qualche giorno prima delle elezioni: in questa fase non esiste copertura nel bilancio dello Stato per misure rilevanti in questa direzione. È la conseguenza di una scelta di metodo molto discutibile, sul piano culturale prima che politico: destinare alle politiche per la famiglia gli "avanzi" del reddito di cittadinanza, stimati in un miliardo circa. Come se la creazione di una famiglia fosse una scelta di serie B, un'ipotesi residuale nel panorama dei comportamenti umani su cui è costruita l'idea di comunità.
C'è del buono invece a mio avviso nel merito delle proposte presentate, in particolare nel Decreto famiglia presentato dal vice premier Luigi Di Maio e nel "pacchetto famiglia" del ministro Lorenzo Fontana. Nel Paese che detiene il record europeo del minor numero di nascite, è assolutamente necessaria – come propone Di Maio – la creazione di un Fondo permanente per le politiche della natalità, concepito come primo passo verso l'unificazione degli strumenti esistenti a supporto delle famiglie che scelgono di mettere al mondo figli, uscendo dalla logica-spot dei "bonus" transitori e variabili. Altrettanto necessarie sono misure di alleggerimento fiscale su prodotti di base come pannolini e latte in polvere, che possono assumere la forma di detrazioni fiscali come nella proposta di Fontana o ancor meglio di riduzione dell'Iva su questi prodotti (per evitare ai cittadini l'onere della raccolta di tutti gli scontrini fiscali).
È fondamentale tuttavia che non rimangano solo annunci, come troppo spesso è stato nella storia repubblicana recente. E che il sostegno alla famiglia non sia la conseguenza di tattiche politiche episodiche e di più o meno riusciti spot elettorali, ma diventi finalmente uno dei pilastri della strategia economica e sociale del Governo. In concreto, ciò implica lavorare fin d'ora per definire nella prossima Legge di Bilancio finanziamenti adeguati per non escludere dalla platea dei beneficiari la classe media, polverizzata e spaventata dalla Grande Crisi degli anni Duemila: proprio i timori verso il futuro prossimo che pervadono il nostro ceto impiegatizio sono una delle cause più forti della decisione di non fare figli. Perché inchiodati alla cruda realtà delle statistiche demografiche ed economiche, non possiamo più permetterci il "lusso" di considerare le politiche per la famiglia come l'Araba Fenice della politica italiana.
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@FFDelzio
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