martedì 21 giugno 2016
L'arte di trarre "rimedi" dalle piante è stata coltivata da Greci e Latini: basta pensare a Dioscoride e Cassiodoro. Sviluppata nei monasteri durante tutto il Medioevo, è stata fissata in opere a stampa da autori come Giovanni Battista della Porta (1591) che nell'aspetto di piante, animali e cose vede le «nascoste virtù» e Castore Durante, «medico e cittadino romano», che nel suo "Herbario nuovo" (1684) spazia dalle specie europee a quelle delle «Indie Orientali e Occidentali».La sintesi di questa sapienza curativa si poteva osservare, fino a cinquant'anni fa, nelle vecchie farmacie. Su mobili e scaffali di legno ben lavorato stavano eleganti recipienti in ceramica, quasi sempre di colore bianco. Su ciascuno una targhetta di carta ingiallita portava, scritto a mano, il nome del contenuto. Nel retro-farmacia – se ammessi – potevate vedere mortai e pestelli in bronzo, bollitori, piccole presse, alambicchi. Alcune antiche farmacie sono divenute spazi museali. Erede e amministratore di una scienza millenaria è il farmacista. Egli non è un semplice distributore di farmaci. È lui infatti che, in tanti casi, li prepara e li dosa. Nello stesso tempo il farmacista diventa figura eminente della comunità. A Varese Ligure la Farmacia Basteri esiste fin dal 1833. Nel 1912 il farmacista Cesena promuove la costituzione di una società "Pro Varese", allo scopo di formare mente e carattere della gioventù attraverso i «giochi ginnici».Figura singolare è quella di Clemente Rossi (1830-1910), «Farmacista in Varese Ligure, membro di varie accademie scientifiche e filantropiche», come si legge sulla copertina di un suo libro dedicato ai funghi, che la Società Agraria di Lombardia ha ripubblicato in edizione anastatica nel 2008. Curiosamente, il titolo è "Gastromicologia, ossia nozioni popolari sopra una gran parte delle migliori specie di funghi e sul modo di cucinarli e conservarli" (1888). Negli anni precedenti, il farmacista ha scritto un libro dedicato all'arredo e alla alimentazione negli asili infantili, un altro rivolto alla educazione delle ragazze, mentre un terzo vuole estirpare «superstizioni e pregiudizi» attraverso 40 «veglie contadinesche». L'opera più impegnativa del Rossi è "Il contadino istruito", la cui terza edizione è comparsa nel 1884. Si tratta di 120 lezioni, frutto di una lunga esperienza dell'Autore nelle «scuole serali della campagna». La maggior parte delle lezioni riguarda «l'arte agraria», ma non mancano esortazioni sui doveri civili, nozioni di aritmetica, istruzioni per scrivere una lettera. Originali le sintesi biografiche di personaggi che, provenendo dalla campagna, hanno raggiunto alti gradi nella scienza, nell'arte, nella politica. Si dispensano consigli sull'alimentazione e si indicano rimedi per le malattie degli animali e delle piante (erano già arrivate, a colpire i vigneti, la fillossera e la peronospora).Tutta l'opera di Rossi indulge al paternalismo dell'epoca, ma contiene – al fondo – una grande stima per l'attività agricola, su cui principalmente si regge la vita del Borgo varesino, ottomila abitanti tra Centro e frazioni. Il nostro farmacista non sembra avvertire il fenomeno migratorio in pieno svolgimento: egli è convinto che una buona pratica agraria sia sufficiente ad assicurare vita e benessere. Per colmo di ironia, il figlio del farmacista, ai primi del Novecento, dirige una filiale del Lloyd Sabaudo. Sopra la porta dell'ufficio sta il profilo di un piroscafo aggiunto. Al di sotto, la scritta: «Per sbarchi e imbarchi / passeggeri e merci / rivolgersi al sub-agente / Rossi Tullio fu Cavalier Clemente». Eloquente esempio di pubblicità che sfrutta i meriti altrui.
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