mercoledì 4 aprile 2018
Bruno Giordano da Trastevere, da non confondere con il filosofo Giordano Bruno, la cui statua campeggia in Campo de' Fiori, è considerato uno dei più forti attaccanti di sempre del nostro calcio. Per i tifosi laziali rimane una bandiera, per quelli del Napoli è il signor “Gi” della triade Ma-Gi-Ca- (Maradona-Giordano-Careca). Per sua stessa ammissione, forse non sarebbe diventato un campione se non avesse avuto un angelo custode, che ieri come oggi, continua a proteggerlo. L'Angelo di Bruno-gol è don Francesco Pizzi, il “ct” dell'oratorio Don Orione. Lì, nel cuore della vecchia Roma, ancora vive e semina il 95enne don Pizzi e non c'è domenica che Bruno Giordano non passi a salutarlo. Va alla Messa dall'uomo che l'ha “salvato”, grazie al calcio, assieme a tanti altri ragazzi di borgata, della sua generazione. Le prime scarpette con i tacchetti di gomma dura, un 40, due numeri più grandi, per sostenere il provino con la Lazio gliel'aveva procurate don Pizzi. Ed era stato ancora lui ad allenarlo nelle prime partitelle. «Giocava con la tonaca alzata, ma quando provavamo a fargli il tunnel, lui furbo, l'abbassava di scatto e noi in coro contestavamo: “A Don Pì, nun se fa così, nun è regolare”», racconta Giordano. E don Pizzi quando l'abbraccia confessa: «Tu, Bruno, sei stato la mia più grande vittoria, peccato che da romanista mi hai costretto a tifare la Lazio».
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