mercoledì 31 agosto 2005
Senza amore di sé neppure l'amore per gli altri è possibile. L'odio per se stessi è esattamente identico all'egoismo più esplicito e alla fine conduce al medesimo crudele isolamento, alla medesima disperazione. «Ama il prossimo tuo come te stesso», ammonisce il libro biblico del Levitico in una frase ripresa anche da Gesù. Ed effettivamente se uno non è in pace con se stesso, difficilmente riesce ad essere comprensivo e generoso con gli altri. È quello che annota lo scrittore Hermann Hesse (1877-1962) nel suo romanzo Il lupo della steppa, un'opera - come altre di questo autore - sempre presente in libreria, forse con qualche eccesso di popolarità e fama. Sta di fatto che la sua osservazione è pertinente; solo che raggiungere il giusto equilibrio tra un amore di sé che non sconfini in egoismo e un distacco che non sia odio masochistico è un'impresa delicata. Certo è che la persona incapace di amarsi e apparentemente incline al disprezzo di sé, in realtà nasconde spesso una forma di autodifesa e di egoismo. Forse è, più o meno inconsapevolmente, convinta di non essere stimata, di essere incompresa, di essere respinta e, così, lentamente precipita in quell'isolamento che è praticato anche da chi è convinto di essere superiore a tutti o di chi è preoccupato solo di tutelare se stesso e il relativo successo.
È, allora, necessario una calibratura del rapporto con noi stessi, senza cadere nei due estremi dell'odio di sé e dell'egolatria. Ma per far questo, il primo passo è conoscersi con oggettività attraverso una paziente riflessione, nel controllo di sé e col consiglio offerto da chi ci è veramente amico o guida spirituale.
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