domenica 11 settembre 2016
I mercatini di città o campagna e a tutte le latitudini a me sembrano sempre quasi identici fra di loro. La scena teatrale pare tratta dalle descrizioni di Giovanni Verga, unitamente alle nature morte di Cézanne. Le candide cassette, con le loro esili assicelle, somigliano alle finestrelle della capanna dello zio Tom, a lungo frequentato da me bambino. Il prete è nero, veste di altrettanto colore ma, quando ride, un arcobaleno di denti bianchi si posa sulle alture della verdura. Un po' incredibilmente sulle prime, poi con sguardo d'affetto, mi accorgo che ha installato un altarino abusivo di cassette vuote: sta celebrando una messa. Le grida paraboliche in varie lingue e dialetti segnano l'aria, come sonore stelle filanti. Qualcuno di razza e colore differente, si ferma almeno un po'. Altri passano ruminando commenti, altri ancora masticando frammenti di preghiera. Il meglio si ha quando il celebrante dà inizio a un canto religioso, che è in realtà un vecchio spiritual «…old time religion, is good inath for me». Allora me la canto con lui. Penso al contraddittorio Jefferson coi suoi 5.000 schiavi, Sto ad occhi chiusi, mi sento quasi uno di loro, però premuto oggidì dalla informazione fotocopia e dalla inanimata cultura. Quando riapro gli occhi, il prete è già laggiù. La realtà se la prende coi miei sogni.
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