martedì 24 maggio 2016
«Mamma mia dammi cento lire che in America voglio andar…»: due secoli fa, nella stiva del piroscafo, senza un ghello, solo speranze; oggi in “business class”, contratto dollaroso in tasca: la meta è la stessa, è cambiato il mezzo. Come si dice: questa è un'altra storia. È la storia di Giovinco e Pirlo che già ci sono, e invitano De Rossi e quanti sono ormai insofferenti a un gioco sempre più faticoso, di allenatori sempre più esigenti. Ma le Americhe sono un pensionato, una sorta di Villa Arzilla disneyzzata, i nuovi migranti del pallone puntano decisamente all'Inghilterra, denaro e gloria per tutti, volendo anche un posto nella storia, come Ranieri cui manca solo l'invito della regina che lo fa baronetto. Vorrei tanto che questa svolta “sociale” del calcio ottenesse anche riscontri istituzionali nel Bel Paese che si piange addosso per la fuga dei cervelli (sulle povere braccia non ha mai pianto nessuno): se ne vanno giovani pedatori per migliorarsi, sulle tracce del divinizzato Zola la cui immagine giganteggia nel parco del Chelsea; se ne vanno ottimi allenatori, dopo il passaggio di Mancini e Ancelotti, per insegnare a vincere, e nessuno si lamenta, anzi si guarda con orgoglio ai fortunati che possono attenuare la naturale albagìa britannica. E a Carlo Ancelotti, che al Bayern sostituirà il “tiki-taka” con lo “sturm und drang”. Il calcio italiano, il maledetto calcio che nasconde bancarottieri e cialtroni venditori di partite, ha anche un livello più alto, e lo si è visto quando non solo al Testaccio ma nell'intero mondo si è salutato Ranieri come un Cesare redivivo (purtroppo la “gens Claudia” è rappresentata da Nerone…). Oggi la truppa si rafforza, al sor Claudio, a Di Matteo, a Guidolin s'aggiungono Conte e Mazzarri che solo pochi anni fa si sfidavano per lo scudetto e per mesi si sono dedicati a materie extracalcistiche come il marketing e l'inglese, anche se dubito che riusciranno a dominare la lingua come quel mostro di Mourinho, lui che in Italia sentiva «il rumore dei nemici», attaccava la «prostituzione intellettuale», irrideva i signor «zero tituli». Stava per andarsene anche Allegri, scudetto a pranzo, Coppitalia a cena (di notte sogna la Champions) ma saggiamente ha preferito essere il primo in Italia piuttosto che il secondo o terzo in Inghilterra (Mou è dell'United da ieri); se ne andrà anche lui, un giorno, la sterlina tira più dell'euro, e i club sono in mano a sceicchi e plutocrati russi, tranne il Watford di Pozzo & Elton John e il Leeds di Cellino & His Son (Ercole e Edoardo, detestati dai tifosi) che non credo facciano follìe. Da noi sono in auge Sarri (che in Inghilterra faceva il bancario), Spalletti rétour De Russie, Di Francesco, Gasperini, Maran e Donadoni, sotto esame tutti gli altri, Montella, gli Inzaghi e Brocchi (evitare battutacce). Arrivano i cinesi? Dovranno accontentarsi di una dote fascinosa: l'Italian style, vincente nel mondo.
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